L'ex presidente della Fondazione Cariplo, Giuseppe Guzzetti (Foto LaPresse)

Perché la Cariplo dopo Guzzetti sarà come quella di Guzzetti

Renzo Rosati

Il sovranismo non passa a Milano. Dietro alla scelta di Fosti ci sono ulivisti, dem e cattolicesimo ambrosiano. Lega out

Roma. Giuseppe Guzzetti, che per 22 anni è stato presidente della Fondazione Cariplo – ovvero a capo della catena di controllo di Intesa Sanpaolo, come presidente dell’Associazione casse di risparmio e fondazioni bancarie (Acri) azionista di minoranza con diritto di veto di Cassa depositi e prestiti, rappresentante dei privati in Banca d’Italia, e politicamente e socialmente espressione al maggior livello del cattolicesimo solidarista nella regione del mercato per definizione, la Lombardia – e per tutte queste vie anche influente su poteri laici quali fino a poco fa il Corriere della Sera –, insomma il formidabile 85enne Guzzetti sta limando l’ultimo intervento ufficiale che lunedì 27 maggio, giorno del suo compleanno, leggerà alle Gallerie d’Italia di piazza della Scala. Intervento dedicato all’inaugurazione assieme a Giovanni Bazoli (l’altra colonna del cattolicesimo finanziario lombardo con il quale ha diviso poteri e itinerari), della mostra su “13 storie dalla strada” sulle periferie e gli “ultimi”.

  

  

Quando si dice le coincidenze: il giorno prima le elezioni europee dovrebbero, stando ai sondaggi, decretare il successo in Italia della Lega sovranista e anti solidarista in formato Salvini, successo che il vicepremier si augura di dimensioni continentali; mentre il “vecchio” Guzzetti nel cuore di Milano parlerà di tutto il contrario. Il 28, poi, il passaggio di consegne alla Cariplo con il successore designato, Giovanni Fosti (foto a sinistra), docente di Government, Health and Not for profit alla Bocconi. Fosti, 52 anni, ha preso in corsa il posto destinato, nelle trattative, ad Andrea Sironi, presidente di Borsa italiana ed ex rettore della stessa Bocconi, che però ha rinunciato per motivi strettamente personali. La conferma riguardo a Fosti si è avuta il 14 maggio con l’insediamento della strategica Commissione beneficenza della Cariplo, che oltre a raccogliere ed elargire denaro ai bisognosi esprime il board della Fondazione: Fosti era nella terna proposta dal comune di Milano, assieme a Paolo Colonna e Mario Vanni, capo di gabinetto del sindaco Pd Beppe Sala.

 

  

Per cercare di intuire che cosa sarà la Cariplo del dopo Guzzetti può essere utile vedere che cosa è stata non tanto nella ormai lunga storia guzzettiana quanto nella cronaca più recente. A cominciare da questa nomina un po’ eccentrica, nel nome e nei modi, considerando le successioni lungamente dibattute e predisposte del passato. Guzzetti, prodiano doc prima ancora che Romano Prodi fondasse l’Ulivo, banchiere ma anche politico, già senatore della Dc e negli anni Ottanta presidente della regione Lombardia, cattolico vicinissimo al terzo settore del volontariato e del no profit al quale Salvini guarda con diffidenza o addirittura ostilità, negli ultimi mesi ha riservato al governo non poche mazzate. Ha parlato di “attacco della politica alle fondazioni bancarie”, di “lottizzazione e stravolgimento dei compiti della Cassa depositi e prestiti”, ha difeso l’autonomia della Banca d’Italia, ma in occasione della manovra 2019 ha anche criticato ad alta voce “l’assurdo disinteresse della maggioranza verso i poveri, i giovani e i disabili”.

 


Guzzetti, per la successione, ha interloquito con tutti, anche con i leghisti oggi nell’ombra o in difficoltà, ma non con il cerchio stretto salviniano. Il nome di Fosti è uscito dalla terna di Sala; l’uomo di raccordo tra Comune e Cariplo è Pierfrancesco Majorino, storico esponente del Pd milanese


  

Eppure questo simbolo di cattolicesimo lombardo in purezza (solidarietà più orgoglio industriale, ai quali si aggiunge un marcato europeismo) negli ultimi anni era andato più che d’accordo, assai ricambiato, con la Lega bossiana e poi pre-salviniana: da ultimo, quella di Roberto Maroni o di Giancarlo Giorgetti. Al punto da far dire agli insider che se stavolta il Carroccio avesse fatto un nome, anche quello di Maroni, il grande vecchio non se ne sarebbe scandalizzato. Anzi. La Lega invece è risultata quasi assente dalla partita di Cariplo. Magari perché la questione non è stata ritenuta sufficientemente populista? Per non essere additato, da un Luigi Di Maio o un Gianluigi Paragone, come interessato ai poteri forti ora che alle banche sono destinate le forche del Capitano e dei 5 Stelle?

 

Fatto sta che Guzzetti, per la successione, ha interloquito con tutti, anche con i leghisti oggi nell’ombra o in difficoltà, ma non con il cerchio stretto salviniano. Mentre il nome di Fosti è uscita dalla terna di Sala; così come l’uomo di raccordo tra Comune e Cariplo è Pierfrancesco Majorino, storico esponente del Pd milanese, assessore alle Politiche sociali, già ulivista e per molti versi anche lui allievo di Guzzetti. Questa commistione tra Pd, cattolicesimo ambrosiano, rispetto dei corpi sociali intermedi, e nostalgie prodiane (e tutto questo vuol dire anche famiglie meneghine di notevole rispettabilità, influenza e filantropia), commistione che certo nulla ha a che fare con il populismo sovranista, non potrà non avere un’impronta sulla nuova Cariplo. Che probabilmente erediterà il Dna della Cariplo di questi decenni. E sui vari teatri nei quali ha voce in capitolo, direttamente o attraverso Intesa, la Cassa depositi e prestiti, la Banca d’Italia, l’Assolombarda e le mille ramificazioni del potere milanese su Roma; in un periodo oltretutto nel quale Roma esprime un vuoto di potere. Fosti, ovviamente meno carismatico di Guzzetti, potrà o forse dovrà farsi forte di quelle lunghe radici.

 

Difficile, per dire, che passi un salvataggio di stato di Alitalia a opera della Cassa depositi e prestiti, quando la vecchia Cdp pre sovranista disse no ad un salvataggio analogo chiesto dall’allora capo del governo Enrico Letta, un cattolico e amico; e in quella occasione le fondazioni bancarie guidate da Guzzetti chiesero al presidente della Cassa Franco Bassanini di dare pure le dimissioni. Egualmente impossibile che le fondazioni autorizzino la trasformazione della Cdp in un Iri nazional-sovranista, avendo Prodi liquidato il vecchio Iri. Men che meno che l’Acri, alla cui presidenza dopo Guzzetti è destinato Francesco Profumo, presidente della Compagnia di San Paolo ed ex ministro di Mario Monti, non continui ad opporsi all’assalto statalista alla Banca d’Italia. Sullo sfondo resta il raccapriccio ambrosiano per l’idea di un’Italia opposta all’Europa, mentre Milano si fa sempre più metropoli europea. Capirlo, per i populisti al governo ma anche per l’opposizione zingarettiana, può essere utile per prevedere il futuro. Politico.

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