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Il futuro è del lavoro

Redazione

L’Ocse smonta la narrazione apocalittica di Casaleggio e il disegno del Reddito di cittadinanza

Secondo l’Ocse la preoccupazione diffusa che i cambiamenti tecnologici e la globalizzazione possano portare a un forte calo dell’occupazione complessiva è ingiustificata. Per il semplice fatto che, mentre alcuni lavori tenderanno a scomparire, altri ne saranno creati, come del resto è accaduto fino a oggi. Piuttosto, bisognerebbe preoccuparsi di gestire la transizione attraverso una formazione permanente che aiuti i lavoratori più vulnerabili a collocarsi in un mercato che cambia. L’Italia non è attrezzata per questa sfida perché – come emerge dall’outlook per il 2019 sul “futuro del lavoro” – solo il 20,1 per cento degli adulti partecipa a programmi di formazione professionale, cioè la metà della media dei paesi dell’Ocse. Inoltre, solo il 60 per cento delle imprese del paese (con almeno 10 dipendenti) offre formazione continua ai propri dipendenti, contro una media europea Ocse del 75,2 per cento. Questi dati dovrebbero suggerire a una forza di governo come il M5s che il miglior utilizzo delle risorse pubbliche è quello per riconvertire i lavoratori, seguendo un esempio virtuoso ma isolato come quello dei metalmeccanici, che nel 2016 hanno negoziato con le imprese aumenti salariali inferiori alle attese in cambio di formazione. Concentrare, invece, la spesa su una misura come il reddito di cittadinanza, sulla base della teoria apocalittica dei Casaleggios che prevede una disoccupazione di massa nel 2050, va nella direzione opposta all’esigenza di reinserire nel circuito lavorativo quelle persone (pari al 35,5 per cento degli occupati) che, a causa dell’automazione, dovranno imparare a svolgere in modo nuovo le proprie mansioni. L’Ocse mette anche in evidenza che il livello del reddito di cittadinanza introdotto in Italia “è elevato rispetto ai redditi mediani italiani” e anche in confronto “a strumenti simili utilizzati negli altri paesi Ocse”, senza contare che la sua messa in opera dovrà essere monitorata attentamente per assicurare che i beneficiari siano accompagnati verso adeguate opportunità di lavoro. E, considerando la carenza di personale qualificato nei servizi pubblici e la mancanza di coordinamento tra stato e regioni, non sarà esattamente una passeggiata.

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