Un operaio tra i pannelli solari a Cerro Dominador, la prima centrale termoelettrica in America Latina, ad Antofagasta. In Cile entro il 2040 il solare sarà la prima fonte di energia (foto LaPresse)

Così il “gretismo” della finanza dimentica la “sostenibilità” degli investimenti

Mariarosaria Marchesano

Ecco perché assistiamo al proliferare di annunci e piani aziendali in chiave ambientalista, un fenomeno dentro cui possono nascondersi casi di “greenwashing”

Milano. Nelle ultime settimane, quotidiani e magazine sono pieni di pagine di pubblicità di aziende che professano la loro attenzione all’ambiente, compresi i grandi gruppi energetici. Non è solo l’effetto dell’arrivo dell’attivista Greta Thunenberg a spingere questo trend di comunicazione, che ha subito una forte accelerazione dallo scorso ottobre, quando l’Onu ha pubblicato il rapporto sul riscaldamento globale ed è stato conferito il premio Nobel 2018 per l’economia a Paul Romer e William Nordhaus, che con i loro studi hanno cercato di comprendere se l’economia di mercato può continuare a crescere senza causare danni al pianeta. Su questa scia, e sulla base anche dell’accordo di Parigi, che definisce un piano d’azione globale per la riduzione delle emissioni, il Parlamento europeo, a fine marzo, ha approvato un primo pacchetto di misure per la finanza sostenibile che, sulla spinta dei partiti verdi, ambientalisti e socialdemocratici, tra le varie cose, esclude le industrie estrattive di carbone e petrolio e la produzione di energia nucleare da qualsiasi investimento che voglia definirsi sostenibile. Tali norme, che dovranno essere approvate dal Consiglio europeo dopo le elezioni, sono destinate ad avere un grande peso perché indicano per la prima volta quali prodotti finanziari sono coerenti con una politica di contrasto al cambiamento climatico e mettono nelle mani degli investitori il potere di negare o di ritirare il capitale dalle imprese che non sono allineate.

 

Questa premessa è necessaria per capire come mai si assiste al proliferare di annunci e piani aziendali in chiave ambientalista, un fenomeno dentro cui possono nascondersi casi di “greenwashing”, ovvero una strategia costruita ad arte per comunicare un impatto ambientale positivo, ma in realtà senza fondamento, come avverte Roberto Citarella, responsabile per l’Italia di Hsbc Global Am, la divisione di asset management di uno dei più grandi gruppi bancari del mondo. “La sensazione è che molte aziende, nel timore di essere escluse dagli investimenti sostenibili, stiano promuovendo campagne per trasmettere messaggi rassicuranti nel settore ambientale sull’onda della grande emotività generata dai timori per il cambiamento climatico – dice Citarella – Ma ci vorranno molti anni di transizione energetica per raggiungere l’obiettivo di un'economia più in sintonia con l’ambiente. Prendiamo, per esempio l’auto elettrica – dice – in Francia le centraline di ricarica si trovano anche nelle aree di servizio delle autostrade, in Italia no. È chiaro che fino a quando questo tipo di mobilità non sarà diffusa, è difficile prevedere grandi guadagni per i produttori e anche per chi investe su di loro. Questo è il motivo per cui abbiamo scelto di selezionare con attenzione le aziende da inserire nei nostri fondi ma evitando un approccio troppo fanatico. Crediamo che la sostenibilità dei portafogli dei nostri clienti sia importante come quella dell’ambiente”.

    

In pratica, sarebbe ipocrita negare che per molti anni ancora si continuerà a estrarre carbone e petrolio o a produrre energia nucleare semplicemente perché non esiste una ricetta magica per cambiare improvvisamente il mondo. E il rischio è che, per assecondare una tendenza che è più di marketing che reale, gestori e intermediari finanziari puntino su aziende che si dichiarano sostenibili ma non lo sono, con un risultato deludente anche per i risparmiatori. “Siamo stati tra i primi nel 2000 a recepire criteri di responsabilità sociale e ambientale, all’inizio con fondi ad hoc e successivamente integrando tali principi nella nostra politica d’investimento – racconta Citarella – Per lungo tempo in pochi ci hanno chiesto questi prodotti, ma da qualche anno stanno avendo grande successo perché, in effetti, la domanda è cambiata con l’arrivo di nuove generazioni di investitori sensibili a questi temi. Ma per noi la sostenibilità vuol dire anche bilanciare l’attenzione per l’ambiente con l’esigenza di profittabilità degli investimenti”. Ecco perché anche la sostenibilità del portafoglio conta.