Il Pd resuscita la Tampon Tax. Appunti per chiarirsi le idee

Enrico Pitzianti

C'è una proposta di legge depositata alla Camera e anche i giovani che sostengono Martina alle primarie chiedono di ridurre l'Iva. Ma parlare di "tassa" sugli assorbenti è sbagliato

Ora che Maurizio Martina è stato invitato a dire la sua a proposito della riduzione dell'Iva sugli assorbenti dal comitato di giovani che lo sostiene per le primarie, nel Partito democratico è riapparso un argomento spesso evocato negli anni e poi dimenticato. Di recente la cosiddetta Tampon Tax era stata già oggetto di dibattito, quando tre deputati del Pd hanno presentato una proposta di legge per abbassare la tassazione degli assorbenti dall’attuale 22 al 5 per cento. Ma sulla questione la narrazione propagandistica spesso esagera e drammatizza al punto da discostarsi dalla realtà. Ed è forse utile ricordare che la Tampon Tax, tanto per cominciare, non esiste in quanto tale.

  

  

Non esiste infatti una tassa specifica sugli assorbenti, semmai sui prodotti igienici femminili viene applicata l’Iva al 22 per cento, che è quella che in Italia si applica ai prodotti di consumo, cioè la stragrande maggioranza in commercio. La vulgata popolare, oltre a una denominazione impropria presa in prestito dall’inglese, vuole che gli assorbenti siano considerati beni di lusso. Ma è falso, poiché l’Iva applicata agli assorbenti non è in percentuali esclusive dei beni come l’oro (che poi a dirla tutta è esente da Iva), ma è quella standard. Al massimo si potrebbe dire che gli assorbenti sono trattati come beni di lusso, ma alla stessa categoria appartengono anche i pannolini per bambini e anziani e le case. C'è poi un altro punto su cui vale la pena fare chiarezza: non è vero che i rasoi da barba sono tassati al 4 per cento. Il dato viene fuori ogni volta che si parla di tassazione sugli assorbenti, come dire che la mancata Iva ridotta sul prodotto femminile sia parallelo a un supposto privilegio maschile. Ma è falso, perché anche i rasoi da barba sono tassati al 22 per cento.

   

Vero è che la tassazione sugli assorbenti andrebbe ridotta a quella prevista per i beni di prima necessità, cioè il 4 per cento. Anzi, in questo senso persino una direttiva europea datata 2006 prevede che i prodotti utilizzati per fini di contraccezione e di protezione dell'igiene femminile “possono essere assoggettati alle aliquote ridotte”. Ma sono i singoli stati ad accogliere o meno le direttive europee e l’Italia è indietro – mentre Francia e Inghilterra hanno già diminuito la pressione fiscale sui prodotti con una tassazione al 5,5 per cento. Una legittima richiesta di detassazione non dovrebbe generare una narrazione divisiva e faziosa. Della questione dell’Iva sugli assorbenti se ne parla ciclicamente, oggi succede perché – e questa invece non è una bufala – l’Iva sul tartufo è passata recentemente dal 10 al 5 per cento. Ma si tratta di categorie di prodotti diverse: l’abbassamento della tassa sul tartufo è stata giustificata dal fatto che si tratta di un bene deperibile (e spesso viene commerciato nel mercato nero). Insomma, nessuno mai ha sostenuto che gli assorbenti fossero meno utili dei tartufi. Banalmente le agevolazioni sulle tassazioni non rispondono esclusivamente a questa logica dell’urgenza e della necessità.

  

La costruzione di una narrazione fondata su dati falsati o esasperati ha come risultato un’aura vittimista che, con tutta probabilità, nuoce al raggiungimento stesso delle pari opportunità. Poi, com’è ovvio che sia, non aspettiamo altro che gli assorbenti rientrino, finalmente, tra i beni primari, categoria a cui, con tutta evidenza, appartengono.

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