Mario Resca (foto LaPresse)

Chi guida la battaglia delle imprese contro le chiusure domenicali

Mariarosaria Marchesano

Mario Resca cerca di migliorare il nuovo testo di legge che spaventa gli imprenditori e che rischia di contribuire al rallentamento economico del paese

Milano. Mario Resca è uno che di battaglie ne ha fatte tante, da manager (Mc Donald’s), da commissario straordinario (Cirio), da consulente ministeriale (Beni culturali), da consigliere di amministrazione di grandi gruppi (Eni, Rizzoli, Mondadori, solo per citare qualche nome) e si è sempre contraddistinto per il suo approccio liberale e indipendente, sia quando ha rappresentato gli interessi di aziende sia quando ha servito lo stato. Sarà per questo che intorno a lui oggi si sta coagulando il dissenso del mondo della distribuzione commerciale nei confronti del disegno di legge sulle chiusure domenicali. Come presidente di Confimprese, associazione che raggruppa 35 mila punti vendita in Italia, Resca ha convocato ieri a Milano “gli stati generali” del settore per discutere la norma che, avendo ormai trovato l’accordo tra Lega e M5s nella Commissione per le Attività produttive, sta per approdare in Parlamento. Personaggi di spicco che hanno fatto la storia dei centri commerciali in Italia, come Marco Brunelli e Giancarlo Panizza, entrambi ultraottantenni e ancora attivissimi (un po’ come lo è stato Bernardo Caprotti fino alla sua scomparsa), hanno partecipato al tavolo promosso da Confimprese, pur non essendo iscritti, perché allarmati dal nuovo testo che in Commissione è stato sì modificato rispetto alla precedente stesura, ma nella sostanza non ne attenua gli effetti negativi in una prospettiva di rallentamento economico del paese.

 

 

“L’Italia sta per adottare una legge che disincentiva i consumi in un periodo in cui il pil è in calo e la fiducia delle imprese sta scendendo. Forse non tutti sanno che sabato e domenica assorbono il 40 per cento della spesa delle famiglie, comprese quelle che prenderanno il reddito di cittadinanza, strumento che dovrebbe anche incentivare i consumi”, dice Mario Resca al Foglio annunciando anche una campagna di sensibilizzazione attraverso i media. Dalla riunione di ieri emerge che le imprese commerciali sono pronte e ridurre del 20 per cento i piani di investimento per nuove aperture nel 2019, oltre che a chiudere il 15 per cento dell’attuale rete distributiva. Il calo di vendite previsto in seguito al numero di domeniche in cui gli esercizi resteranno chiusi (non più 52 domeniche in un anno più 12 festività, come la prima stesura della legge, ma 26 chiusure più 12 festività come nell’attuale versione) sarebbe, infatti, destinato a riflettersi in una flessione delle vendite pari al 10 per cento.

 

L’attuale bozza del ddl unificato mette una serie di paletti a negozi e centri commerciali. Ma, per cercare di attenuare l’impatto della restrizione che potrebbe provocare la perdita di 80 mila posti di lavoro, con un calo di fatturato annuo di 34 miliardi di euro (secondo uno studio che Confimprese ha commissionato alla società di consulenza Bain&C), concede una serie deroghe ed eccezioni a seconda della posizione geografica dei punti vendita e della loro dimensione. “Il risultato – continua Resca – è che per i centri storici è prevista maggiore flessibilità e quindi i negozi potranno restare aperti e illuminati più a lungo e nei giorni di festa, mentre nelle periferie saranno chiusi più spesso con un impoverimento della vita urbana”. Ma il fatto più grave, per il presidente di Confimprese, è che questa restrizione è stata pensata dal governo non sulla base di uno studio di fattibilità o di un presupposto scientifico, ma unicamente sulla base del convincimento che far lavorare le persone di domenica sia un sopruso. “Se ci sono distorsioni vanno corrette – conclude Resca – Ma il lavoro domenicale è già una realtà per 4,7 milioni di persone in Italia in diversi settori, pur posizionandosi il nostro paese tra gli ultimi in Europa, e non contrasta affatto con il diritto al risposo settimanale, che deve essere tutelato garantendo il rispetto delle condizioni contrattuali, che, tra l’altro, prevedono incrementi retributivi per i giorni festivi”.

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