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L'errore di Di Maio quando parla di lavoro in somministrazione e caporalato

Mattia Pirulli

E' vero che si sono palesate distorsioni e storture anche nel settore della somministrazione, ma non c’è un presupposto negativo o patologico alla base di questa forma contrattuale. Ci scrive il segretario generale FeLSA CISL

Al direttore - Le considerazioni del ministro del Lavoro, On. Luigi Di Maio, sul lavoro in somministrazione ci hanno lasciato perplessi, se non altro per il continuo associare tale tipologia contrattuale a una dinamica di intermediazione che si configura come reato penale, ovvero il caporalato.

 

Non è nostra intenzione alzare gli scudi per una difesa indiscriminata di ciò che avviene nel mercato del lavoro. Infatti, come organizzazione sindacale, abbiamo più volte sottolineato e condannato le distorsioni e storture che si sono palesate anche nel settore della somministrazione. Ma per l’appunto si tratta di anomalie, non c’è un presupposto negativo o patologico alla base di questa forma contrattuale. Abbiamo guardato alle occasioni di lavoro in somministrazione come un’opportunità, soprattutto per il ruolo che la contrattazione sindacale ha sempre avuto in questo settore, in grado di rendere tutelata una forma contrattuale per sua natura flessibile e orientata alla ricollocazione dei lavoratori. Questo lo affermiamo non per il rispetto teorico di un dettato dottrinale, ma per l’esperienza che abbiamo generato in 20 anni di contrattazione e rappresentanza nella somministrazione. Ebbene sì, proprio la contrattazione ha tradotto e garantito il principio della parità di trattamento, sempre la contrattazione che ha generato un sistema di welfare bilaterale di settore invidiato in tutta Europa, costituito da 16 tra prestazioni, servizi e agevolazioni in favore dei lavoratori somministrati; inoltre le parti sociali hanno costruito un impianto di politiche attive e formazione professionale finalizzato all’inserimento lavorativo e alla riqualificazione dei lavoratori.

 

In questi anni anche la rappresentanza è stata al centro della nostra azione sindacale, associando decine di migliaia di iscritti ogni anno tra i lavoratori temporanei, ma cosa ancor più sorprendente è stata la disponibilità di decine tra questi giovani lavoratori e lavoratrici di diventare rappresentanti sindacali: persone che vivendo una situazione di disagio decidono di mettere in gioco la propria libertà e responsabilità a servizio della collettività. Questo ha un valore inestimabile, non solo dal punto di vista sindacale, ma dal punto di vista sociale in termini complessivi. Il ministro del Lavoro dovrebbe essere orgoglioso che in Italia esistono realtà che favoriscono la responsabilità del singolo al punto da esprimere la propria libertà attraverso l’associazionismo, come forma di servizio verso gli altri. Questo per noi è il fattore decisivo, perché solo calandoci nella realtà quotidianamente capiamo e scopriamo come combattere la precarietà e come discernerla dalla buona flessibilità – che comunque esiste e va preservata perché è una opportunità – finalizzata all’inserimento lavorativo, alla ricollocazione, ad avere in un percorso rapporti di lavoro più stabili. Nessuno mette in discussione che c’è ancora tanto da fare per migliorare la condizione delle lavoratrici e dei lavoratori che vivono una situazione di temporaneità occupazionale e quindi di fragilità sociale, ma non siamo all’anno zero, perché l’azione sindacale già da diversi anni si è prodigata nella costruzione di tutele reali.

 

In questi mesi stiamo provando a condurre una trattativa impegnativa per il rinnovo del contratto collettivo di settore, al fine di incrementare ulteriormente i fattori di tutela nella somministrazione, ampliando le occasioni di lavoro e contrastando ulteriormente i fenomeni più precarizzanti. Uno dei punti per noi più importanti riguarda la possibilità che un lavoratore non venga lasciato solo nella fase di disoccupazione, ma possa usufruire di un insieme di politiche attive finalizzate alla sua ricollocazione, oltre a beneficiare di un sostegno al reddito di settore.

 

Saremo lieti di incontrare il ministro, al fine di approfondire e condividere le reciproche preoccupazioni e, se disponibile a un dialogo, condurre insieme una lotta contro la vera precarietà costellata di finte partite iva, abuso di tirocini e cooperative spurie di cui ancora mai si è parlato.

 

Mattia Pirulli, Segretario Generale FeLSA CISL

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