Donald Trump (Foto LaPresse)

L'Europa vuole finanziare l'Iran scontrandosi con un risoluto Trump

Gabriele Moccia

"Negheremo al regime i fondi necessari per far avanzare la sua sanguinosa agenda", dice il presidente americano all'Assemblea dell'Onu

Roma. Stati Uniti e Unione europea sono di nuovo in rotta di collisione sulla linea da tenere in merito al ripristino delle sanzioni economiche all’Iran. Con un discorso esplosivo, in occasione dell’Assemblea generale Onu, il presidente americano, Donald Trump, ha ribadito che gli Stati Uniti non hanno intenzione di retrocedere dalla campagna di pressione economica verso Teheran e ha negato la possibilità trovare un nuovo accordo. “Negheremo al regime i fondi necessari per far avanzare la sua sanguinosa agenda. Abbiamo ristabilito le dure sanzioni che erano state revocate. Altre sanzioni seguiranno. Stiamo lavorando con paesi che importano petrolio iraniano per tagliare sostanzialmente il loro acquisto – ha detto Trump – Non possiamo permettere che un regime che declama la morte in America e che minaccia Israele possieda i mezzi per recapitare una testata nucleare in qualsiasi città nel mondo”. L’Europa invece persegue una politica di riavvicinamento all’Iran contraria alla linea americana che Trump ha definito “realista”. Alla vigilia dell’Assemblea, l’Alto rappresentante Ue per la politica estera, Federica Mogherini, ha lanciato l’idea di istituire uno speciale veicolo economico per “facilitare le transazioni finanziarie legittime con l’Iran e ciò consentirà alle società europee di continuare gli scambi, in conformità con la legislazione dell’Unione europea”, ha sottolineato la Mogherini da New York. L’iniziativa europea ha avuto l’effetto di sparigliare le carte nella complicata partita diplomatica mediorientalma va in senso contrario alla campagna americana che dovrebbe colpire il settore energetico iraniano, il cuore dell’economia del regime degli ayatollah. I dettagli dell’operazione europea non sono ancora chiari, ma, secondo quanto appreso, l’entità giuridica, definita Special purpose vehicle (Spv), potrebbe essere aperta ad altri partner internazionali, e avrà come obiettivo principale quello di garantire i pagamenti relativi alle esportazioni della Repubblica islamica, quelli energetici (gas, petrolio e prodotti petrolchimici) in primis. Bruxelles intende ora proseguire nella fase operativa dell’iniziativa, convocando una riunione di esperti tecnici degli stati membri per portare avanti questo lavoro e rendere efficace lo Spv a livello tecnico. Non è un caso che subito dopo l’annuncio dell’Alto rappresentante europeo, il presidente iraniano, Hassan Rohani, sia passato al contrattacco dichiarando come, da questo momento, “imporre sanzioni all’Iran per impedirci di vendere il nostro petrolio sarà molto pericoloso”. Trump ha detto martedì di non avere in programma un incontro con Rohani. “Forse un giorno, in futuro. Sono certo che sia un uomo assolutamente adorabile”, ha detto.

 

Negli ambienti diplomatici avanza l’ipotesi che dietro la costituzione del veicolo finanziario speciale si possa celare la costituzione di una banca con la garanzia del bilancio Ue o che possa essere impiegata la stessa Banca europea per gli investimenti, ma si tratta al momento di supposizioni. La notizia intanto ha avuto l’effetto di fare correre ulteriormente il prezzo del petrolio: i futures sul greggio Brent scambiati a Londra segnano più 0,5 a 81,69 dollari, sui massimi di quattro anni, con diverse banche d’affari che puntano sul potenziale ritorno a 100 dollari al barile. A spingere i prezzi non c’è solo la partita commerciale tra Bruxelles e l’Iran, ma anche il braccio di ferro ingaggiato di recente tra l’Amministrazione Usa e l’Opec (il principale cartello dei paesi produttori di greggio) che ha deciso di non aumentare la produzione di petrolio, proprio per bilanciare gli effetti delle sanzioni Stati Uniti all’Iran, una mossa che ha infastidito Trump. Al vertice in Algeria, l’Opec e i suoi alleati hanno fatto capire di non avere alcuna intenzione di prendere ordini dal presidente degli Stati Uniti e hanno snobbato la richiesta di aumentare la produzione per compensare l’effetto delle nuove sanzioni. Le restrizioni scatteranno il 4 novembre e la scorsa settimana Trump aveva inviato un tweet dai toni minacciosi ai maggiori produttori di greggio chiedendo di intervenire in modo da scongiurare un’impennata dei prezzi. Ma la posizione dell’Opec si è rivelata molto cauta, se non reticente. In particolare Russia, Arabia Saudita ed Emirati hanno assicurato di avere la capacità di soddisfare le esigenze del mercato ma di non avere intenzione di attivarsi preventivamente per supplire al calo di circa 2 milioni di barili al giorno di esportazioni iraniane previsto per il quarto trimestre. In ogni caso, un intervento tempestivo sarebbe anche difficile sotto il profilo tecnico. Con tutta probabilità, ha avvertito il governatore dell’Opec iraniano Hossein Kazempour Ardebili, gli altri paesi del cartello dovrebbero attingere alle proprie riserve, ma sarebbe solo una soluzione a breve termine e non eviterebbe un rialzo del prezzo del greggio, come è già successo ai tempi del primo round di sanzioni contro l’Iran nel 2014-2016. La nuova mossa dell’Ue potrebbe ora avere l’effetto di garantire vitale ossigeno finanziario alla produzione petrolifera iraniana mettendo allo stesso tempo i bastoni tra le ruote alla strategia trumpista.

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