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Sire, il popolo vuole l'euro!

Alberto Brambilla

La maggioranza degli italiani vuole la moneta unica. Ma le dichiarazioni pubbliche del governo sovranista sembrano ignorarlo, mentre danneggiano l'interesse della stessa nazione 

Un sondaggio Quorum/YouTrend per Sky Tg24, realizzato in due mesi su un campione rappresentativo, mica fatto con il telecomando, rivela che il 65,6 per cento della popolazione non vuole un referendum sull’euro, e se si tenesse il 74,1 voterebbero per tenersi la moneta unica. La Brexit porta male al Regno Unito, alla sua classe dirigente, alla sua economia. L’ultimo sondaggio Eurobarometro di giugno registrava una buona soddisfazione dei cittadini dell’Unione (più di due terzi degli europei ritiene che l’appartenenza al blocco abbia dato benefici a livello nazionale), al livello massimo dal 1983. In Italia la soddisfazione è la più bassa, perché il 44 per cento dei cittadini pensa di non avere avuto grandi vantaggi dalle politiche europee. Tuttavia è lecito chiedersi – stante la disaffezione attuale verso il progetto europeo rispetto all’entusiasmo delle origini e la parallela fiducia nella moneta unica – se la volontà della maggioranza degli italiani rispecchi quella del governo e di alcuni suoi ministri.

  

Il ministro per gli Affari europei, Paolo Savona, non voluto all’Economia dal Quirinale per le sue intemerate eurocontrarie, ieri in Parlamento è tornato a spiegare che l’uscita potrebbe avvenire non per decisione politica dell’Italia ma perché lo “decidono altri”. Dalla pubblicazione della bozza del programma di governo, a maggio, il rendimento dei titoli di stato è più alto su quasi tutta la curva. Significa che il danno inflitto all’Italia, in termini di maggiori costi di finanziamento del debito, ha carattere permanente ed è bastato confermare per iscritto la volontà di lasciare il blocco. Viene dunque da chiedersi se da parte dell’economista Savona sia opportuno tornare sull’argomento in sede pubblica. Se da parte di un governo populista sia saggio, in termini di consenso, contrastare la visione del popolo rivelata dai sondaggi. E, infine, se si possa definire “sovranista” un esecutivo nel quale alcuni componenti non ottengono altro risultato che danneggiare la reputazione dell’Italia sui mercati andando precisamente contro l’interesse della nazione.

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.