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Corsa elettrica dentro e fuori la Valley

Maria Carla Sicilia

Così le debolezze di Tesla lasciano spazio ai vecchi costruttori

Per la prima volta nella storia di Tesla i mercati sono titubanti di fronte alle promesse non mantenute da Elon Musk e reagiscono con freddezza alle sue rassicurazioni che tutto andrà bene. Nell’ultimo mese ha pesato sulla credibilità della società il sospetto che la produzione della Model 3 non sia completamente sotto controllo, tanto che l’agenzia di rating Moody’s ha abbassato la valutazione del credito da B2 a B3 e le azioni hanno toccato il minimo dell’ultimo anno. In effetti lo stesso Musk ha confermato con i numeri le difficoltà all'interno dello stabilimento di Fremont, poco distante dalla Silicon Valley, dove Tesla sta con affanno cercando di assemblare la sua auto più economica per conquistare il mercato di massa. Per raggiungere il target fissato di 2500 vetture a settimana, ne mancano ancora 480. Solo una settimana fa, per la seconda volta in un anno, Tesla ha annunciato di dover sospendere la produzione per alcuni giorni per modificare la linea di montaggio e “migliorare l'automazione”. Nonostante gli intoppi e i tempi stretti, la società non fa però passi indietro: entro giugno, assicura, la produzione salirà a 6000 Model 3 a settimana, a costo di mantenere l’impianto attivo giorno e notte, sette giorni su sette. Intanto 400 mila persone hanno versato già da due anni un acconto di mille dollari per compare una Model 3 e negli ultimi tre mesi le consegne sono state 8 mila, secondo i dati dell’ultimo trimestre: poche rispetto ai piani di Musk ma abbastanza per fare della Model 3 l’auto completamente elettrica più venduta negli Stati Uniti. Crescono anche le consegne della plug-in Prius Prime di Toyota (6.468), che secondo le stime riportate da Bloomberg supera negli Stati Uniti le Model S e X, di cui Tesla non ha riportato gli ultimi dati per mercati, ma solo le vendite complessive. E i numeri, neppure in questo caso, sono incoraggianti.

  

Nell’ultimo trimestre le consegne globali sono diminuite di 6 mila unità e con queste i guadagni della società, portando gli analisti a chiedersi se la produzione della stessa Model 3 possa essere ancora sostenibile. I due modelli di lusso garantiscono infatti profitti più alti della Tesla più economica, venduta a un prezzo di partenza di 35 mila dollari, un importo inferiore anche rispetto alle sue concorrenti di segmento inferiore. Ma se i soldi non sono mai stati un problema per Musk, stavolta non sono neppure l’unico. Sempre nell’ultimo mese sono state richiamate 123 mila Model S per problemi di corrosione ai bulloni del servosterzo, mentre l’azienda è sotto inchiesta per l’incidente mortale avvenuto in California con una Model X guidata dal sistema Autopilot, Intanto, sempre a Fremont, i commissari americani per la tutela del lavoro hanno aperto un’indagine per verificare le condizioni degli operai a lavoro sulla Model 3.

  

In mezzo a tutte queste ombre sembra aprirsi qualche spiraglio perché le case automobilistiche tradizionali si riprendano la scena sui motori elettrificati. A marcare la differenza non è solo la capacità di produzione in massa dei vecchi costruttori, mossa da logiche industriali (dal marzo 2009 a dicembre scorso Tesla ha chiuso in positivo solo due trimestri, accumulando un debito di circa 4,5 miliardi), ma anche la loro disponibilità a investire in ricerca e sviluppo. L’auto elettrica, omeglio elettrificata, è entrata nei piani industriali di tutti – o quasi – i produttori. I tedeschi sono in prima linea nella concorrenza a Musk, con il gruppo Volkswagen che ha stretto accordi per la fornitura di batterie e investirà 20 miliardi sui motori elettrici nei prossimi quattro anni. Mercedes ha creato una linea dedicata con auto di fascia alta full electric e Bmw ha annunciato oltre 20 modelli elettrificati entro i prossimi 7 anni. Tutti e tre, insieme ad altri produttori europei, cercheranno inoltre di bucare un altro punto di forza della casa californiana, la rete di ricarica, costruendone una europea più potente di quella Tesla. A questo si aggiunge la concorrenza dei modelli di segmenti inferiori, che potrebbero competere con la Model 3 se la produzione non uscisse dallimpasse. Nissan e Renault, su cui le voci di una fusione si fanno sempre più insistenti, sono ben posizionate con la Leaf e la Zoe. Ma è Toyota a tenere il fiato sul collo a Musk: se è vero che il futuro è elettrificato, certo non potrà essere tutto di Tesla.

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