Mario Draghi (foto LaPresse)

Draghi politics

Redazione

La Bce gioca un ruolo geopolitico mondiale, allo scoperto, e ad alta intensità

Domenica all’uscita dal collegio elettorale del liceo Mameli di Roma Mario Draghi aveva dribblato le domande dell’Ansa sulla sua disponibilità a ricevere un incarico di governo. La sua consorte, Maria Serenella Cappello, salendo in auto ha risposto d’istinto alla cronista con solare spontaneità: “Lui non lo fa il governo, non è un politico”, prendendosi il rimbrotto del presidente dalla Banca centrale europea che le ha comandato il silenzio. La signora Draghi ha forse ragione sulle ambizioni governative del marito, ma sul fatto che non sia un politico c’è da discutere. E’ il migliore politico in Europa. Certo, guida un’istituzione che meramente politica non è, ma che la politica mondiale la gioca da protagonista – e con crescente intensità. L’intervento successivo al Consiglio direttivo di giovedì è forse il più “politico” mai fatto.

  

E’ prassi che, quando gli analisti non s’aspettano nulla dal “solito giovedì” della Bce, Draghi spiazzi con messaggi notevoli. Il primo è stato all’Europa e alla Bce: confermato il ritiro degli stimoli, attraverso l’intenzione di non aumentare gli acquisti di titoli in caso di emergenza, dice che l’Europa è fuori dalle secche e che la Bce inizia la manovra di rientro senza urgenza di sostituire Draghi con un “falco” come il tedesco Jens Weidmann. Il secondo messaggio agli Stati Uniti di Trump: il “se gli alleati impongono dazi, cosa dovremmo aspettarci dai nemici?” è in linea con la rappresaglia europea contro il protezionismo selettivo trumpiano, che minaccia la siderurgia tedesca, e in generale asciuga il balsamo della globalizzazione, gli scambi. Il terzo all’Italia: l’ascesa dei populisti Lega e M5s non allarma i mercati nel breve periodo, il problema sarebbe nel medio-lungo. Non tanto per il rischio di smontare l’euro – che resta “irreversibile” – quanto per politiche (promesse elettorali) ad alto tasso d’indebitamento nel paese col secondo rapporto debito/pil. Un segnale della relativa debolezza dell’Italia in Europa, Draghi l’ha dato parlando della necessità di considerare il rischio dei titoli sovrani nel portafoglio delle banche. Una posizione “tedesca” che la dice lunga sul fatto che non c’è nulla di più politico della moneta. O, per dirla con lo storico francese Marc Bloch, “i fenomeni monetari sono barometro di movimenti profondi e cause di non meno formidabili conversioni delle masse”. Chi può, dunque, capirli meglio di un banchiere?

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