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Jobs Act, chi?

Marco Valerio Lo Prete
L’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori rientra dalla finestra pure in Trelleborg. Cgil in festa. Stirpe (Unindustria): “Così s’affossa la riforma”
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Roma. “Non è l’unico caso, non sarà l’ultimo”, dice al Foglio Emilio Miceli, segretario generale della Filctem-Cgil che rappresenta 210 mila lavoratori tra chimica, tessile, energia e manifatture. Il riferimento è all’accordo raggiunto questa settimana nello stabilimento di Tivoli della Trelleborg, società svedese che produce pneumatici per trattori e macchine agricole: un accordo che, fra le altre cose, garantisce l’applicazione del vecchio articolo 18 dello Statuto dei lavoratori per le 69 assunzioni prossime venture. Come se il Jobs Act – voluto dal governo Renzi per ridurre le bardature giudiziarie del posto fisso e far avanzare un più flessibile contratto a tutele crescenti – non esistesse. Già nel rinnovo contrattuale appena siglato dall’Abi (Associazione bancaria italiana) si è previsto il mantenimento dell’articolo 18 nel caso di istituti scissi o ceduti. Poi ci sono recenti sentenze di giudici del lavoro che hanno resuscitato a sorpresa il reintegro al posto dell’indennizzo. Novartis infine ha riassunto i dipendenti di una controllata precisando di non applicare le nuove forme contrattuali. “L’atteggiamento di un colosso come Novartis dimostra che in Italia le aziende non stavano morendo dalla voglia di disapplicare l’articolo 18 dello Statuto”, dice Miceli. Per il sindacalista, le “posizioni laiche” di quelle che chiama “aziende-campione” potranno avere un possibile “effetto contagio” al momento del rinnovo di alcuni contratti di categoria entro la fine dell’anno.

 

Stavolta però la voce degli industriali organizzati si è fatta già sentire. Maurizio Stirpe, numero uno di Unindustria (la federazione dei gruppi che nel Lazio fanno riferimento a Viale dell’Astronomia), ha criticato la sua associata Trelleborg sostenendo che l’accordo “crea un notevole pregiudizio agli interessi del mondo imprenditoriale”, e perciò ha deferito il caso ai probiviri dell’associazione. “Il Jobs Act è una riforma utilissima perché sana una serie di asimmetrie peculiari del nostro sistema di relazioni industriali. Nel tempo darà risultati positivi – dice Stirpe al Foglio – L’azienda di Tivoli invece, pur stabilizzando dei dipendenti, ha pensato di dover accontentare i sindacati mantenendo un regime che il legislatore aveva ritenuto giusto modificare. E’ un precedente pericolosissimo che rischia di vanificare il riequilibrio in corso sul mercato del lavoro. Senza voler intervenire nella libera contrattazione tra le parti, aggiungo che all’interno di un sistema associativo, come quello confindustriale, si condividono anche gli aspetti che nel breve termine possono apparire svantaggiosi”. Stirpe ricorda la ritirata della Confindustria – allora montezemoliana – che all’inizio degli anni 2000, in nome della “pace sociale”, fece mancare all’improvviso il proprio sostegno al governo Berlusconi e ai sindacati più riformisti che avevano firmato il Patto per l’Italia: “Questa volta non succederà”, dice Stirpe alludendo a un deciso sostegno della Confindustria nazionale alla sua presa di posizione. Miceli, della Cgil, parla di “atteggiamento estremista e troppo filogovernativo” da parte di Unindustria. Tutti i sindacati aziendali lodano un accordo “oneroso” in termini di concessioni sull’organizzazione del lavoro, ma che mette fine al “doppio regime” che altrimenti avrebbe riguardato vecchi e nuovi assunti nello stabilimento del gruppo svedese.

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[**Video_box_2**]Per rendere ancora più delicata la vicenda, alcuni addetti ai lavori fanno osservare che l’azienda, grazie all’accordo di oggi, potrà usufruire degli sgravi fiscali introdotti dal governo. Sgravi teoricamente riservati alle stabilizzazioni di contratti a termine o ai nuovi contratti a tempo indeterminato tout court. Tuttavia in questo caso i 69 lavoratori coinvolti hanno già oggi dei contratti a tempo indeterminato con un’agenzia per il lavoro che poi li impiega presso la Trelleborg. Per godere degli sgravi, l’intesa prevede la fine degli attuali contratti a tempo indeterminato, seguita da un contratto-ponte a termine  di sei mesi e solo allora dalla riassunzione a tempo indeterminato. Così voci maliziose prefigurano un tacito scambio fra vertici imprenditoriali e sindacali: i primi, rimandando l’assunzione a tempo indeterminato, si assicurano l’accesso agli sconti fiscali; i secondi ottengono di poter sventolare la bandiera ideologica dell’articolo 18. “Qualche aspetto non lineare c’è”, dice un insider. “Non credo che il passaggio sia legato agli incentivi”, replica Miceli. Ma il governo, secondo la ricostruzione del Foglio, avrebbe già messo in preallarme l’Inps guidata da Tito Boeri sull’eventuale raggiro della norma sugli incentivi fiscali.

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