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di cosa parlare stasera a cena

La protesta degli agricoltori francesi è arrivata a Parigi

Giuseppe De Filippi

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Ancora una volta è una peculiarità francese quella delle durissime proteste sociali ed economiche, specialmente per alcune categorie (qui tempo fa avevamo buttato lì l’idea che tanta durezza fosse determinata dalla forma di governo, che non dà al parlamento in modo sufficiente il ruolo di camera di compensazione delle insoddisfazioni). Sorprende che sia l’agricoltura a portare le persone per le strade, e da stanotte si tenta una specie di assedio a Parigi. Il settore agricolo è fortemente sussidiato in Ue e con particolare dispendio in Francia. In parte sono stati i programmi della transizione verde a imporre costi aggiuntivi per l’uso dei carburanti (necessari sia per muovere i trattori sia per riscaldare le serre) e a fissare regole stringenti sull’uso di fertilizzanti per rafforzare i raccolti. Mentre gli accordi commerciali che consentono l’importazione di prodotti extraeuropei, vantaggiosi per la collettività, sono sempre guardati male dagli agricoltori. Prova a muoversi direttamente la Commissione europea, con Ursula von der Leyen che si è rivolta agli organizzatori delle proteste, senza però sapere bene chi siano. Perché una delle stranezze aggiuntive è che queste manifestazioni sono state decise in modo completamente indipendente rispetto alle grandi organizzazioni agricole, sì proprio quelle che hanno uffici e rappresentanti a Bruxelles e che sono molto influenti sulle politiche nazionali e su quella europea, oltre a essere presenti in modo quasi quotidiano nel dibattito pubblico e sui temi più vari. Le centrali agricole sono state dribblate da quella che potrebbe essere una versione agricola dei gilet gialli, e allora si svuoterebbe in breve tempo, o da un movimento di agricoltori stanchi di burocrazia e di appesantimenti fiscali con il timbro della transizione.

 

Le tre "cose" principali

Fatto #1
Approvato in Consiglio dei ministri il decreto sul concordato preventivo biennale, con l’estensione a tutte le partite Iva. Per il viceministro Maurizio Leo è un modo per far rientrare in rapporto col fisco una buona quota di lavoratori autonomi che se ne erano tenuti fuori o ai margini, anche grazie ai pochi controlli. Per l’opposizione è il solito favore agli evasori. Si vedrà chi ha ragione con i dati verificabili almeno tra 12 mesi. In ottobre le proposte, chiamiamole così, dell’Agenzia delle entrate e in novembre la decisione sull’adesione o meno da parte di centinaia di migliaia di partite Iva. Probabile che abbiano un po’ ragione entrambi. Certamente c’è la possibilità di qualche comportamento opportunistico (ma con rischi per chi volesse tentare) e c’è anche però da considerare l’importanza del concordato come strumento per agganciare il contribuente. Conta molto l’inserimento di questa norma in un generale riordino della materia fiscale e della sua semplificazione. È un processo che potrebbe durare l’intera legislatura e che potrebbe essere favorito dal rafforzamento dei poteri di controllo dell’Agenzia delle entrate, grazie alla possibilità di concentrarsi meglio su tutto ciò che resta fuori dal concordato. Nel Consiglio poi c’è stato molto altro. Dai provvedimenti per il sostegno alle persone anziane in condizione di difficoltà, alle regole per cybersicurezza e a quelle per la beneficenza online


Fatto #2
Dice Christine Lagarde che il processo di disinflazione sta proseguendo (e tornano forti le aspettative sul calo dei tassi entro l’estate) e intanto però l’economia Usa corre forte. 


Fatto #3

Poteva andar peggio a Pozzolo? Sì, con questa novità

 

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