DI COSA PARLARE STASERA A CENA

La Bce traghetta l'Europa fuori dall'incertezza

Giuseppe De Filippi

Idee e spunti per sapere cosa succede in Italia e nel mondo selezionati per voi da Giuseppe De Filippi

Non è che uno vuole parlare bene di Mario Draghi per forza, però, vai a vedere cosa fa la Banca centrale europea ora, senza più la sua guida, e ti accorgi che, in fondo, sta mandando avanti felicemente la linea di intelligente libertà di manovra della politica monetaria e di intransigenza nella difesa dell’autonomia sia delle scelte della Banca centrale sia della politica economica, chiamiamole così, europee. Questa ultima questione è la più nuova, anche se coerente con l’impostazione del Draghi difensore dell’Euro del 2012. Perché quello che si sta manifestando con chiarezza è che la Bce sta diventando l’autorità di politica monetaria di un’area sempre più politicamente integrata e, da qualche tempo, anche impegnata in una forma di gestione comune delle nuove emissioni di debito a fronte di investimenti nazionali. E questo ruolo si vede con chiarezza nella strategia, del tutto autonoma rispetto a quanto avviene negli Usa o in Cina o in Giappone, della Bce nelle prossime scelte di politica monetaria. Oggi da Francoforte sono uscite le stime di inflazione per i prossimi tempi, l’indicazione è per un 2,6% di inflazione nel 2021, per poi salire al 3,2% nel 2022 (è un rialzo, perché prima per gli anni elencati la Bce aveva fissato 2,2% e 1,7%, ma sostanzialmente si resterebbe a livelli bassi, avendo superato la crisi delle materie prime) e poi tornare sotto al 2% nei due anni successivi. Non occorre essere dei provetti studiosi di politica monetaria per capire che, di fronte a stime del genere, il rialzo dei tassi sembra poco probabile. La scelta, invece, è quella di influenzare le aspettative facendo capire che questa piccola fiammata attesa per il 2022 sarà poi rapidamente superata a condizioni di mercato monetario invariate o quasi. Certo, si dovrà reindirizzare, gradualmente, la strategia di acquisti di titoli dei vari paesi euro, e, sempre gradualmente, smontare le misure straordinarie avviate per far fronte alla pandemia. Ma quella è tutta roba attesa e ben annunciata. Se le stime resteranno confermate ci troveremo anche di fronte a un successo storico della politica monetaria, con l’attraversamento nelle migliori condizioni possibili di un trauma terribile come la pandemia.

 

 

Le tre "cose" principali 

Fatto #1

Cosa hanno chiesto Cgil e Uil in piazza. L’impressione è quello di un dibattito un po’ gonfiato, come certe fettine di carne che poi in padella tirano fuori quasi tanta acqua quanto pesano. Si percepisce dal linguaggio, sempre fuori misura, e dagli argomenti, infilati a pressione uno accanto all’altro, mischiando senza troppa logica capitoli diversi e questioni non paragonabili. Com’è andato lo sciopero, in un’osservazione di Massimo Gibelli.

 

Fatto #2

Tormentoni vari, la Presidenza della Repubblica e la manovra. Per la prima siamo a un classico “ne riparliamo a gennaio” detto da Giorgia Meloni, citando Enrico Letta, e commentando con cautela ma positivamente l’idea del tavolo del centrodestra proposta da Matteo Salvini. Insomma, siamo in una situazione in cui non sta maturando davvero nessuna candidatura davvero valida per un ampio schieramento. La manovra sta un po’ vivendo il riflesso di tutto ciò e continuano i piccoli slittamenti dell’emendamento con cui sancire l’accordo complessivo nella maggioranza. Arriverà comunque tra stasera e domani. Meloni parlava alla Coldiretti.

 

Fatto #3

L’Economist ci supera nell’ottimismo e vota, fondatamente, l’Italia paese dell’anno (è anche e soprattutto, ora, una responsabilità per noi italiani). Il tweet arriva direttamente dal responsabile della comunicazione del governo italiano con la stampa internazionali, e gli facciamo anche un po’ di complimenti e infatti il Foglio va a cercare non l’ottimismo ma la piccola, nascosta, preoccupazione.

 

 

Oggi in pillole