Museo di Marcel Proust, Francia (Epa via Ansa)  

Tempo perduto

Talpe, pipistrelli, cigni, balene. L'insospettabile fauna della “Recherche”

Mariarosa Mancuso

Nessuno avrebbe mai cercato bestie e bestiole in Proust, ma lo ha fatto Daria Galateria. Non è vero che non ci sono animali nella “Recherche”, ma nessuno prima si era accorto dell’abbondante catalogo faunistico. 

"Nell’opera di Proust non c’è un cane e non c’è un gatto”. Ne era convinto, e lo scrisse, Jean Cocteau 70 anni fa. Bisogna dargli atto che, leggendo “Alla ricerca del tempo perduto”, uomini, donne, aristocratici, borghesi, salotti, amori, fruste, memoria e gelosie attirano tutta l’attenzione. Non è capitato solo a noi, hanno avuto la stessa impressione studiosi che l’hanno riletta più e più volte. Tra Proust e gli animali non c’era sintonia ma estraneità e disinteresse. Lo scrittore viveva recluso, era allergico a tutto, guai a cambiare lavanderia. Era difficile immaginare che la sua controfigura letteraria fosse un gattaro.

 

Proust in realtà ci provò, con i gatti. Galeotto fu un articolo, non l’esperienza diretta. La cameriera Céleste era contrarissima: lo scrittore non lasciava mai la stanza, le pulizie di fino rivoltando ogni angolo erano impossibili. Capì subito che non era il caso di asfissiare i micetti con la polvere contro l’asma. Lo racconta, con decine e decine di altri episodi presi dalla vita e dall’opera, Daria Galateria in un libretto intitolato “Il bestiario di Proust” (libretto perché esce nella collana blu Sellerio, quanto a peso specifico batte ogni rivale). Non è vero che non ci sono animali nella “Recherche” e neppure che Proust fosse disinteressato a talpe, pipistrelli, balene, pavoni, rondini, fagiani, cigni, conigli, anatre e ippopotami. Incredibile a dirsi, nessuno prima si era accorto dell’abbondante catalogo faunistico. 
   

Sembra la “lettera rubata” di Edgar Allan Poe: vediamo quello che vogliamo vedere. La lettera compromettente era celata tra altre vecchie missive sotto gli occhi di tutti (la polizia intanto smontava la mobilia in cerca di cassetti segreti). Nessuno avrebbe mai cercato bestie e bestiole in Proust. Lo ha fatto Daria Galateria, francesista curiosa che si muove nella “Recherche” e altri scritti con grande disinvoltura (non disgiunta dalla filologia: ogni animale di questo volumetto è riccamente corredato di note).


Prima del catalogo, una serie di corrispondenze (nel senso di Baudelaire) che legano i temi di Proust ai vari animali. Il bacio – che nella “Recherche” viene minuziosamente smontato, mentre il narratore si avvicina la baciata appare come in un caleidoscopio – è legato alle balene, e altri animali impossibilitati a baciarsi, come i cervi che si sfiorano le corna. Il pipistrello ha a che fare con l’omosessualità,  già Leonardo ne aveva descritto la sfrenata lussuria, quando dorme appeso con i piedi pare un topo, ma con le ali aperte somiglia al mantello del dandy. Prima di  questa ragnatela di significati, compare nella scena di un bacio (materno, questa volta) negato al bambino prima di dormire.


Proust soffriva di ipocondria, la più letteraria delle malattie. E di gelosia, la più atroce malattia d’amore. Una malattia “sociale”: il geloso è costretto a osservare gli altri, tutto diventa sintomo. Nella “Recherche” è simile a una piovra: allunga un primo tentacolo, poi un secondo, ed eccola aggrappata saldamente (il geloso ricorda il momento preciso, come ricorda il momento esatto del disamore). 

 

A novembre saranno 100 anni dalla morte di Marcel Proust. Questo bestiario – dall’Ippopotamo alla Pulce al Mollusco – è un primo originale omaggio. A fine ottobre uscirà invece “I colori del tempo” di Eleonora Marangoni (Feltrinelli). Il disegno è la trama, il colore è lo stile, e il Tempo risulta essere l’inafferrabile verde. Come le rane che nel libro di Daria Galateria compaiono in due momenti. Sono il rumore della campagna e le arrampicatrici mondane: “Quella piccola rana borghese che vuole gonfiarsi”.

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