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Come sarà la prossima Mostra del Cinema di Venezia

Marianna Rizzini

“La pandemia, anche per il nostro settore, è stata una specie di 11 settembre. Ora è il momento di ripartire”, dice l’ad di Rai Cinema, Paolo Del Brocco

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Roma. “Partiamo da un dato: è psicologicamente importante per la ripartenza di tutto il settore che la Mostra del Cinema di Venezia ci sia. E speriamo sia di buon auspicio per il futuro”. A parlare è Paolo Del Brocco, amministratore delegato di Rai Cinema. Ci sono stati giorni – in pieno lockdown – in cui la fattibilità del festival era stata messa in fortissimo dubbio. E Del Brocco, anche allora, diceva che l’importante era che si mantenesse l’appuntamento, “anche con modalità diverse rispetto al passato”, e diceva che la Mostra era “importantissima per far vedere i film, e soprattutto per non rompere il rapporto del pubblico con il cinema”. Poi l’orizzonte si è leggermente schiarito e, tra poco più di un mese, il 2 settembre, il direttore della Mostra Alberto Barbera aprirà al Lido i dieci giorni di festival – che manterrà il concorso e le sezioni collaterali – anche se, per la necessità di evitare gli assembramenti, alcune abitudini di pubblico e critica dovranno cambiare.

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Roma. “Partiamo da un dato: è psicologicamente importante per la ripartenza di tutto il settore che la Mostra del Cinema di Venezia ci sia. E speriamo sia di buon auspicio per il futuro”. A parlare è Paolo Del Brocco, amministratore delegato di Rai Cinema. Ci sono stati giorni – in pieno lockdown – in cui la fattibilità del festival era stata messa in fortissimo dubbio. E Del Brocco, anche allora, diceva che l’importante era che si mantenesse l’appuntamento, “anche con modalità diverse rispetto al passato”, e diceva che la Mostra era “importantissima per far vedere i film, e soprattutto per non rompere il rapporto del pubblico con il cinema”. Poi l’orizzonte si è leggermente schiarito e, tra poco più di un mese, il 2 settembre, il direttore della Mostra Alberto Barbera aprirà al Lido i dieci giorni di festival – che manterrà il concorso e le sezioni collaterali – anche se, per la necessità di evitare gli assembramenti, alcune abitudini di pubblico e critica dovranno cambiare.

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“Rai Cinema ci sarà con diciotto titoli tra film, documentari e cortometraggi”, dice Del Brocco, convinto che “l’edizione della Mostra di quest’anno sia la risposta più incisiva che l’industria cinematografica italiana può dare all’Italia e al mondo per rappresentare la forza del nostro cinema e rimettere in moto la macchina in un settore che, più di altri, ancora vive momenti di sofferenza”. In Italia, a differenza che negli Stati Uniti, dove alcune major hanno posticipato direttamente di un anno l’uscita di alcuni film previsti per l’inverno e la primavera funestati dalla pandemia, “le uscite ci saranno e, per quanto ci riguarda, saremo in sala con un listino nutrito, dal 20 agosto in poi, partendo con ‘Volevo nascondermi’ di Giorgio Diritti fino ad arrivare, il 31 dicembre, a ‘Diabolik’ dei Manetti Bros. A Venezia saremo presenti in concorso con ‘Notturno’ di Gianfranco Rosi, ‘Miss Marx’ di Susanna Nicchiarelli e ‘Le sorelle Macaluso’ di Emma Dante, e, tra gli altri film, con quello d’apertura, ‘Lacci’ di Daniele Luchetti. La nostra filosofia è diversificare, raggiungere pubblici diversi”.

   

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Guardando indietro, ai mesi di emergenza appena trascorsi, a Del Brocco pare che l’industria cinematografica si sia trovata al centro del “peggior scenario immaginabile. Anzi: inimmaginabile. Persino durante la guerra i cinema erano aperti. Dobbiamo ora scongiurare un pericolo: la desuetudine ad andare in sala, a vivere l’esperienza immersiva davanti allo schermo – un’esperienza che la fruizione in tv, per quanto bella e utile, non può sostituire. Il patto con lo spettatore, il fatto che lo spettatore si concentri totalmente sul film, non lo puoi rispettare in casa, dove comunque la tua vita scorre a fianco del film”. C’è poi un tema di contenuti: “La pandemia, anche per il nostro settore, è stata una specie di 11 settembre. Non si può tornare indietro. Io credo che lo spettatore ora voglia immergersi in storie diverse, che tocchino corde profonde. Non in storie troppo superficiali che non lasciano nulla e siano una distrazione fine a se stessa. In questi mesi tutti abbiamo riflettuto, ci siamo abituati a vivere in modo diverso il rapporto con gli altri, a rimodulare il nostro modo di vivere troppo veloce, a dare più importanza ad alcuni aspetti rispetto ad altri, e questo, io credo, si rifletterà nei soggetti e nelle sceneggiature”. E il rapporto con le piattaforme? “Utili, complementari, ma non possono sostituire completamente la sala”.

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