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Vargas Llosa denuncia la “Chernobyl cinese”. Pechino fa scomparire i suoi libri

Giulio Meotti

“Il virus non sarebbe dilagato in un paese democratico”, scrive il premio Nobel sul País 

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Roma. “Il terrore causato da questo virus cinese occupa tutte le notizie”. Bastava questo alla column sul País del grande scrittore peruviano e premio Nobel per la Letteratura Mario Vargas Llosa per farne un caso internazionale. Anche senza l’altro affondo: “Nessuno sembra accorgersi che nulla di tutto ciò avrebbe potuto accadere nel mondo se la Cina fosse stata un paese libero e democratico e non la dittatura che è. Un medico prestigioso, forse diversi, hanno scoperto questo virus con largo anticipo, ma invece di prendere le giuste contromisure, il governo ha cercato di nascondere la notizia, ha messo a tacere quella voce e ha cercato di impedire che si diffondesse, come fanno tutte le dittature. Quindi, come a Chernobyl, è stato perso molto tempo”. Poi Vargas Llosa attacca “quegli sciocchi che credono che la Cina, cioè il libero mercato con una dittatura politica, sia un buon modello. Non esiste una cosa del genere: quello che è accaduto con il coronavirus dovrebbe aprire gli occhi al cieco. Il progresso è mutilato finché non accompagnato dalla libertà”.

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Roma. “Il terrore causato da questo virus cinese occupa tutte le notizie”. Bastava questo alla column sul País del grande scrittore peruviano e premio Nobel per la Letteratura Mario Vargas Llosa per farne un caso internazionale. Anche senza l’altro affondo: “Nessuno sembra accorgersi che nulla di tutto ciò avrebbe potuto accadere nel mondo se la Cina fosse stata un paese libero e democratico e non la dittatura che è. Un medico prestigioso, forse diversi, hanno scoperto questo virus con largo anticipo, ma invece di prendere le giuste contromisure, il governo ha cercato di nascondere la notizia, ha messo a tacere quella voce e ha cercato di impedire che si diffondesse, come fanno tutte le dittature. Quindi, come a Chernobyl, è stato perso molto tempo”. Poi Vargas Llosa attacca “quegli sciocchi che credono che la Cina, cioè il libero mercato con una dittatura politica, sia un buon modello. Non esiste una cosa del genere: quello che è accaduto con il coronavirus dovrebbe aprire gli occhi al cieco. Il progresso è mutilato finché non accompagnato dalla libertà”.

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La reazione del regime di Xi Jinping è stata immediata: “Se il signore Vargas Llosa come figura pubblica non è disposto a collaborare (nella lotta contro l’epidemia, ndr), almeno non diffonda opinioni irresponsabili e piene di pregiudizi che non servono a nulla”. Non solo. Riferisce il País che i libri dello scrittore sono “misteriosamente scomparsi” dalle piattaforme di e-book cinesi. “Gli attacchi del governo di Pechino a Mario Vargas Llosa dovrebbero essere visti per quello che sono: un tentativo di eliminare le giuste critiche sulla loro gestione del coronavirus infangando la critica come diffamazione”, ha detto Suzanne Nossel, a capo del Pen americano. “Ma ora è il momento per dire la verità”. I libri di Vargas Llosa sono scomparsi dalle piattaforme e-book cinesi, come il colosso Taobao. La scrittrice e attivista tibetana Tsering Woeser è stata una delle prime a denunciare il boicottaggio e ha annunciato che si era affrettata a comprare tre romanzi dallo scrittore prima che scomparissero. A proposito di dittatura cinese.

 

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Il dottor Li Wenliang, citato da Vargas Llosa, è il medico di Wuhan che a dicembre aveva lanciato l’allarme sull’epidemia. Avvertì i colleghi, fu convocato dalla polizia, trattenuto e costretto a firmare una sorta di abiura per avere “diffuso false informazioni”. Wenliang è poi rimasto ucciso dal virus. Adesso una commissione del Partito comunista cinese elogia il dottor Wenliang come un medico premuroso che è stato punito in modo improprio per quelli che ora i funzionari cinesi definiscono sforzi ben intenzionati di avvisare gli altri sul virus. La Commissione di vigilanza nazionale ha anche messo in guardia contro i tentativi di celebrare il dottore come un simbolo di resistenza contro il Partito. “Li Wenliang era un membro del Partito comunista, non un personaggio anti establishment”, ha detto la Commissione.

 

Terrificante. Chi ha letto “Buio a mezzogiorno” di Koestler, i processi di Mosca, le abiure in aula degli imputati, le confessioni firmate alla Lubjanka e poi le “riabilitazioni” post mortem dei Bucharin, dei generali, degli scrittori, dei medici, dei poeti, riconoscerà nell’azione del regime cinese un classico delle peggiori dittature comuniste. “Grazie Cina”? No, grazie.

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