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Maledetto iPhone

Michele Masneri

L’incredibile vita di Massimo Sestini. Dal primo bikini di Lady D, che lo incoronò re dei paparazzi, alla fotografia volante di Codogno

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Massimo Sestini

 non è solo il più famoso fotoreporter italiano ma anche un entusiasta sperimentatore di mezzi tecnologici. Sotto un’aria da tranquillo borghese ha messo a segno i più grandi colpi di paparazzismo d’alta gamma d’Italia e non solo. Il primo bikini di Lady Diana, Berlusconi che fa jogging, Carolina di Monaco che piange sulla bara del marito. Poi si è convertito alla foto “artistica” e adesso si è specializzato in foto dall’alto, anzi “zenitali”, con cui ha fotografato la nave Concordia e i barconi dei migranti, con tecniche bestiali e costi di conseguenza.

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Massimo Sestini

 non è solo il più famoso fotoreporter italiano ma anche un entusiasta sperimentatore di mezzi tecnologici. Sotto un’aria da tranquillo borghese ha messo a segno i più grandi colpi di paparazzismo d’alta gamma d’Italia e non solo. Il primo bikini di Lady Diana, Berlusconi che fa jogging, Carolina di Monaco che piange sulla bara del marito. Poi si è convertito alla foto “artistica” e adesso si è specializzato in foto dall’alto, anzi “zenitali”, con cui ha fotografato la nave Concordia e i barconi dei migranti, con tecniche bestiali e costi di conseguenza.

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E’ appena tornato dallo spazio aereo sopra Codogno, dove si è librato con un piccolo elicottero per fotografare i giorni dell’emergenza

E’ appena tornato da Codogno, anzi dallo spazio aereo sopra Codogno, dove si è librato con un piccolo elicottero, lui appeso sotto, per fotografare i giorni dell’emergenza coronavirus, e si vedono le folle in fila al Conad, si vede anche lui che si fa dei selfie con una tecnica che ha inventato lui, sembra che ci sia un altro elicottero che lo riprende, ma è un bastone invisibile, uno di quei tragici selfie-stick dei giapponesi al Pantheon, ma che lui ha modificato tipo James Bond. Prova a spiegarmelo ma non capisco molto. E’ fresco e croccante col suo valigino e i suoi occhialetti e la sua giacchetta anche se ha preso un treno alle cinque di mattina da Milano, vicino a Milano è rimasto appeso nel vuoto del Lombardoveneto sul suo elicotterino, pilotato da un suo sodale, poi ha scattato, poi ha ripreso un treno per Roma, dove dorme, e alle quattro del mattino ripartirà per qualche destinazione sconosciuta. Pratico di sommergibili e frecce tricolori – nelle more della fotografia corsara verticale e sferica fa i calendari istituzionali per le forze armate molto amate, con cui condivide mezzi di cielo terra e mare – l’idea di questa intervista era un po’ venuta sentendolo lamentarsi della crisi del suo mestiere, e subito l’avevo colta. Per una volta abbiamo trovato qualcuno che sta peggio di noi. L’avvento dell’internet e la telefonia diffusa li hanno distrutti, i fotografi, peggio dei giornalisti. “Se un articolo online lo pagano dieci euro, una foto la pagano due e cinquanta”, dice, non si sa se con iperbole o meno, con l’aggravante che a noi scriventi ci basta un Commodore 64 e una connessione a scrocco, a loro servono delle attrezzature bestiali (“l’ultima, una Canon che fa foto sferiche, quindicimila euro”). “Per voi la crisi economica, più l’avvento di internet. Per noi crisi economica, l’avvento di internet più i telefoni”, dice. “Ormai siamo all’homo telefonicus, tutti nasciamo con una camera in mano, tutto è costantemente documentato, e tra una foto della torre di Pisa nel momento in cui crolla fatta male col tuo iPhone e la mia professionale il giorno dopo, non c’è gara”, dice Sestini, e si prova finalmente sollievo, c’è qualcuno che sta peggio.

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Anche nostalgia, per un’epoca lontana di rullini analogici e privacy, un tempo analogico in cui le star non ci tenevano a farci sapere tutto delle loro biografie e anatomie, e non c’erano gli account @sussexroyal. Lo scoop suo più famoso è stato quello di Lady Diana in bikini, pre-internet e pre-Instagram: “Era il 1991, Ferragosto, la stavo seguendo da una settimana a Napoli, lei era ancora sposata al principe Carlo, arrivano in Italia in visita privata, atterrano alla base militare di Nisida, dunque noi pensavamo che fossero diretti a Capri o in Costiera amalfitana, invece con un’intuizione capimmo che erano scesi lì per depistarci, così cercammo di rintracciare questo mega yacht su cui erano ospiti e lo trovammo, in Sardegna. Mi precipito a Livorno per prendere un traghetto, che avevo fatto fermare”. Come, fermare? “Un mio assistente era andato lì mentre io arrivavo dall’Argentario, e siccome i portuali son tutti napoletani, gente simpatica, gli faccio dire che mi devono aspettare, che devo portare delle medicine per un parente che sta male a Olbia. Lui arriva con un’ora di ritardo, son tutti lì sul porto che mi aspettano, io ho un finto sacchetto di medicine e mi chiedono di questo parente”. “Sono traghetti che navigano tutta la notte, se partono con un’ora di ritardo poi la recuperano”, dice Sestini; insomma poi partono, noleggiano un gommoncino, sorprendono, unici, i reali, “scatto trenta rullini”. “Torno a Firenze, sviluppo. Mando a Londra, al Sun. Loro non ci credono: non è lady Diana, è impossibile. Gli mando una foto per fax”. Allora c’era il fax. Da Londra si convincono e mandano un aereo privato per venire a prendere i rullini. La foto fa il giro del mondo e Sestini viene incoronato re dei paparazzi mondiali. Ma dal fax all’iPhone la strada è lunga, la storia della fotografia è anche una storia tecnologica. Nel durante, altri ritrovati non tutti riusciti. “Sono stato il primo a comprare Telefoto, un apparecchio che leggeva le fotografie e come un fax le mandava, bit dopo bit, dall’altro capo del telefono. Ci metteva 45 minuti a trasmettere un’immagine. Una volta andai in Russia, per Dinamo Kiev-Fiorentina, dovevo chiamare un centralino a Mosca che a sua volta chiamava un centralino a Roma, a Repubblica, ma la centralinista sentendo questi strani bip diceva ogni tanto ‘hallo?’, e ogni volta che diceva ‘hallo’ si annullava il trasferimento e bisognava ricominciare da capo, non c’era verso di mandare quella benedetta foto”.

 

In una seconda fase della sua vita ha fatto ritratti: il figlio di Giovanni Rana in una vasca di tortellini, e poi Salvini nudo con la cravatta

Le fotografie, i rullini, è un mondo analogico anche avvolgente quello raccontato da Sestini, in cui “i cattivi non sono cattivi davvero”, come cantava una canzonetta, e le botte sembrano da Bud Spencer. C’è sempre un trucco e un colpo di fortuna.

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E qualcuno che si fida. Il funerale di Stefano Casiraghi, marito sfortunato di Carolina di Monaco morto in un incidente di offshore; lei come si vuole piangente in una cattedrale di Monaco blindatissima – “lì utilizzo la classica tecnica da paparazzo; per entrare in questi posti devi trovare una vittima, possibilmente una signora, un po’ anziana, la abbracci, le parli, e prima che questa capisca tu sei entrato senza dare nell’occhio”. Paiono i funerali aziendali di Fantozzi, le esequie del duca conte. “Lì però nelle prime file tutti i reali d’Europa, posti riservati, e dopo un po’ che mi vedono aggirarmi in piedi, gli addetti alla sicurezza cominciano a fissarmi. Quando stanno venendo da me mi sento all’improvviso una mano sulla spalla, è Amedeo d’Aosta, che mi saluta calorosamente. Avevo fatto le foto ufficiali del matrimonio di sua figlia”. “Mi presenta a suo cugino Vittorio Emanuele, che abbraccio con esagerato entusiasmo, così le guardie si rilassano. Io però continuo a non avere un posto a sedere, e ho giusto il tempo di scattare prima che mi caccino. Un’unica foto, dalla cravatta, mentre Carolina piange sulla bara del marito”. Un unico tentativo, molto rischioso, perché la macchina non era autofocus e avrebbe potuto venire buia, o fuori fuoco. Era infatti una piccola macchina analogica, fissata in una specie di pancera, e con il piccolo obiettivo conficcato in un buco della cravatta. “Ho avuto tempo per un solo scatto, ed è andata bene”. Ci sono colpi di fortuna e rullini, nella storia analogica del paparazzismo.

 

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E botte, naturalmente. “Le guardie del corpo di Madonna mi hanno fratturato quattro costole a Firenze. Sapevo in che albergo stava, il Villa la Massa, avevo dunque prenotato anch’io una stanza. Lei amoreggiava con un bodyguard in piscina e io dalla finestra della mia stanza scattavo tutto. A un certo punto venne un poliziotto a chiedermi di perquisire la stanza, ma non aveva il mandato. Così finché ero lì dentro ero al sicuro. Dopo un po’ però dovetti uscire, e a quel punto mi prendono le guardie americane e mi appendono in giardino . Per fortuna i rullini li avevo nascosti dietro un termosifone”.

 

L’inizio della carriera avviene grazie a un’altra macchinetta, “mio padre che era pratese faceva l’export nel settore dei tessuti e girava tanto, me ne portò una da New York, cominciai a sviluppare in bagno, e poi a scuola un bidello teneva un corso, così iniziai a fare foto ai concerti rock. Mi ero anche iscritto a Scienze politiche a Firenze, ma lasciai perdere perché mi presero alla Nazione, cercavano un giovane che ricevesse i i rullini che i vari corrispondenti dalla provincia mandavano da sviluppare. Il primo scoop fu con la strage del rapido 904, dove riuscii a scattare nel tunnel del treno. Entrai su un vagoncino dei servizi di soccorso. Mi beccarono, rullini nascosti nei calzini, nella folla c’era un mio amico fotografo, gli passo le foto di nascosto, finiscono sulla copertina di Stern”.

 

Ci sono insomma prìncipi e fattacci, treni e motoscafi, ma anche un’Italia un po’ da Amici miei e don Camillo. “Nella basilica del Carmine a Firenze, nella cappella Brancacci, il restauro stava per svelare gli affreschi di Masaccio senza le famose foglie di fico, c’era molta attesa per questo restauro che doveva essere presentato in una grandiosa conferenza stampa dopo qualche mese”. La cappella era quindi blindata, lui si traveste da restauratore, “dormo dentro la chiesa con un camice bianco, aspetto che arrivi il prete che viene ad accendere le candele al mattino, fingo di aver dimenticato le chiavi della cappella in ufficio. Lo sventurato prete rispose. Corriere della Sera, copertine. Lo sventurato prete fu poi trasferito perché sospettato di complicità”.

 

Ha fotografato Prima Seconda e Terza Repubblica, Berlusconi che fa jogging, “con Emilio Fede che a un certo punto inciampa e casca per terra”; Ciampi in pattino a Santa Severa, e poi Lele Mora in Costa Smeralda coi tronisti che gli massaggiano i piedi. “E un cane che li guardava sbilenco, pensai: questa è storia del nostro costume”. Non gli manca oggi quell’adrenalina? “No, ne faccio volentieri a meno”. L’ha sostituita con quella elicotteristica. Di fare il paparazzo si è stufato anni fa, “dopo un po’ basta. Da giovane è bello, vai nei posti più belli del mondo, ti diverti. E’ come fare il giornalista di gossip, è importante, importantissimo, fai la storia del costume, però la tua creatività alla fine non la esprimi”. Però anche oggi non è che si è messo in pantofole. In una seconda fase della sua vita ha fatto ritratti: il figlio di Giovanni Rana ritratto in una vasca di tortellini, e poi Salvini nudo con la cravatta. “Eravamo a Lione per un convegno con la Le Pen, ero andato con Marianna Aprile a intervistarlo per Oggi, salii in camera con lui, l’ho convinto lentamente, per gradi. Prima gli ho detto che lo volevo mentre si faceva la barba, poi l’ho fatto mettere a torso nudo – e che ti fai la barba vestito? Poi a letto, dove aveva solo i pantaloni ma, nascosto dalle lenzuola, pareva nudo”. “Lui all’inizio ha provato a bloccarla la foto, poi l’ho convinto”. Non dev’essere stato difficile, non pare un tipo molto pudico. “La foto di Salvini, presa dall’alto, è un po’ il corrispettivo della foto dei migranti”, dice Sestini, riferendosi a una foto che gli è valsa un sacco di onori, un barcone di migranti che guardano in su, due anni ci ha messo, a sorvolare l’infelice barcone raggiungendo esattamente “lo zenith, essere perpendicolare al cento per cento, dall’alto. Difficile centrarla, con l’elicottero, col mare giusto e il vento giusto”. Questa delle foto dall’alto è la sua nuova mania, e la sua terza fase, fotografa tutto in perfetta perpendicolare, dalla nave Concordia alle città, è un’idea che si è inventato lui, “le foto zenitali sono talmente diverse da quello che siamo abituati a vedere che fanno notizia da sole”. Zenitali a novanta o tonde, a trecentosessanta gradi, con una speciale macchina che fa queste foto sferiche, costosissima, ne ha fatte anche a Codogno, sotto i poveri reclusi del Lombardoveneto sferizzati. E’ la sua sfida all’odiato iPhone, che ci ha resi tutti paparazzi, anche di noi stessi. L’intervista è finita, Sestini deve andare a una cena, lo accompagno, in motorino (lui è entusiasta del motorino, sembra sempre entusiasta di tutto), sta dietro, appollaiato come sui suoi elicotteri, e tira fuori l’iPhone e scatta– come farà, con una mano sola? Io non sono mai riuscito a tenere il tastone tondo e insieme il telefono in queste condizioni. “E’ facile, basta impostare i tasti”, dice, che lui ha modificato, naturalmente, usando quelli laterali. “Ma il telefono lo uso anche per fare delle foto di nascosto, lo lasci lì appoggiato sul tavolo, ti alzi, e scatti con l’iWatch, l’orologio”, e si vede che insomma non c’è solo l’odio per questo maledetto telefono-macchina fotografica che forse ucciderà il suo mestiere. Già, ma che mestiere è, alla fine? Alla fatidica domanda “cosa sei, in definitiva? un paparazzo? Un fotoreporter?”, “Un fotoamatore”, risponde, sobbalzando sulle buche assassine di via Nazionale, tenendosi con una mano sola, felice.

Lo scoop più famoso, quello su Lady Diana: “Era il 1991, Ferragosto, la stavo seguendo da una settimana a Napoli”

E poi ci sono le botte, naturalmente. “Le guardie del corpo di Madonna mi hanno fratturato quattro costole a Firenze”

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