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Gertrude Himmelfarb, la moralista vittoriana contro il disordine relativista

Giulio Meotti

La morte a 92 anni della storica della “famiglia neocon”

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Roma. David Brooks sull’Atlantic l’ha definita “il medico dell’anima americana”. Per il magazine inglese Standpoint, è la “First Lady delle lettere americane”. Gertrude Himmelfarb era nata nel 1922 in un appartamento con una camera da letto a Bensonhurst, Brooklyn. I genitori arrivarono dalla Russia e a casa parlavano yiddish. Il padre tagliava il vetro e vendeva barattoli decorati ai grandi magazzini. Da figlia della classe operaia ebraica newyorchese, Himmelfarb avrebbe sempre difeso i tanto biasimati valori borghesi che avevano alimentato l’ascesa della sua famiglia: lavoro, parsimonia, temperanza, autodisciplina, moderazione, rispetto della tradizione. E li difenderà anche quando, da storica affermata, si dedicherà allo studio della morale inglese vittoriana. Himmelfarb è scomparsa nella sua casa di Washington a 97 anni. Sfidò l’idea mainstream che l’epoca vittoriana dovesse essere liquidata come un periodo di ipocrisia. Pur riconoscendo i difetti di quell’epoca, scrisse che le virtù vittoriane erano “basate su solide idee di ciò che è giusto e sbagliato” e le contrappose al relativismo contemporaneo. Il risultato vittoriano, secondo Himmelfarb, fu una “riforma morale” che permise alla Gran Bretagna “di raggiungere un grado di civiltà e umanità che fu l’invidia del resto del mondo”.

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Roma. David Brooks sull’Atlantic l’ha definita “il medico dell’anima americana”. Per il magazine inglese Standpoint, è la “First Lady delle lettere americane”. Gertrude Himmelfarb era nata nel 1922 in un appartamento con una camera da letto a Bensonhurst, Brooklyn. I genitori arrivarono dalla Russia e a casa parlavano yiddish. Il padre tagliava il vetro e vendeva barattoli decorati ai grandi magazzini. Da figlia della classe operaia ebraica newyorchese, Himmelfarb avrebbe sempre difeso i tanto biasimati valori borghesi che avevano alimentato l’ascesa della sua famiglia: lavoro, parsimonia, temperanza, autodisciplina, moderazione, rispetto della tradizione. E li difenderà anche quando, da storica affermata, si dedicherà allo studio della morale inglese vittoriana. Himmelfarb è scomparsa nella sua casa di Washington a 97 anni. Sfidò l’idea mainstream che l’epoca vittoriana dovesse essere liquidata come un periodo di ipocrisia. Pur riconoscendo i difetti di quell’epoca, scrisse che le virtù vittoriane erano “basate su solide idee di ciò che è giusto e sbagliato” e le contrappose al relativismo contemporaneo. Il risultato vittoriano, secondo Himmelfarb, fu una “riforma morale” che permise alla Gran Bretagna “di raggiungere un grado di civiltà e umanità che fu l’invidia del resto del mondo”.

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In un saggio del 1995, “Beyond Social Policy: Re-Moralizing America”, sostenne che il welfare potesse funzionare solo se si fosse tornati a convinzioni morali più solide. Si oppose al “grave disordine morale”, come lo chiamava, uscito dai campus e confluito nei programmi federali della Grande Società degli anni Sessanta. Non fu mai tenera con le tendenze accademiche postmoderne, il femminismo e il liberalismo in generale. “Le virtù sono molto difficili”, disse al Chicago Tribune nel 1995. “I vizi sono facili. Una volta che i giovani avevano tempo libero e i soldi per indulgere in se stessi, era quasi inevitabile”. Deplorava l’idea che “la società è responsabile di tutti i problemi sociali e dovrebbe quindi assumersi il compito di risolverli”. Distingueva tra chi non può lavorare e chi semplicemente non vuole lavorare. Le sue idee riflettevano le lotte della sua famiglia per sbarcare il lunario durante la Depressione.

 

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A quello francese, preferì l’Illuminismo scozzese. Al pessimismo di Robert Malthus, l’ottimismo di Adam Smith. Eroina intellettuale del conservatorismo compassionevole di George W. Bush, Himmelfarb era diventata maggiorenne durante l’Olocausto e dirà che questo le aveva fornito “una certa visione apocalittica”. Con Irving Kristol formò la coppia neoconservatrice per eccellenza. E’ stata una delle ultime di quegli intellettuali che formeranno “la Famiglia”, ebrei eruditi accademici e giornalistici nati a sinistra e diventati conservatori. “La buona notizia”, scrisse Himmelfarb nel 1999, “è che c’è una minoranza che resiste alla cultura dominante”. Già, ma c’è ancora?

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