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Scrittore nero e gay, da paladino moralizzatore dei social a “razzista islamofobo”

Giulio Meotti

Kosoko Jackson processava gli autori che violavano i valori della diversity. Adesso la polizia del pensiero di cui faceva parte lo costringe a ritirare il suo libro

Roma. Entrando nel sito Internet dello scrittore americano Kosoko Jackson ieri si poteva leggere il seguente annuncio: “Mentre sto affrontando il dolore che il mio debutto ha causato, il sito è attualmente in manutenzione. Grazie per la vostra pazienza e a coloro che sono stati feriti dalle mie parole, specialmente i lettori musulmani, mi dispiace”. Uno scrittore di destra e “islamofobo”? Tutto il contrario. Jackson è un militante della giustizia sociale in letteratura, uno che tuitta che soltanto le persone di colore possono scrivere di diritti civili o che le donne non devono “trarre profitto” dalle storie degli omosessuali. Faceva parte di una piccola ma potente comunità online che processa gli scrittori che violano i valori della diversity. Ora Jackson è processato dalla stessa comunità e polizia del pensiero di cui faceva orgogliosamente parte, i commissari ideologici della young adult fiction.

 

Afroamericano e gay, Jackson si guadagnava da vivere come “lettore sensibile” di successo, ovvero quegli editor che revisionano i romanzi sotto compenso prima della pubblicazione in modo che rispettino i canoni culturalmente corretti. Jackson stava per uscire con il suo romanzo d’esordio, “A Place for Wolves”. Raccontava la storia d’amore fra due omosessuali nella Yugoslavia dilaniata dalla guerra civile. Il libro sembrava pronto per il grande successo e aveva ricevuto numerose recensioni in anteprima, che influenzano l’acquisto e il collocamento dei libri. La scorsa settimana, tuttavia, Jackson ha rilasciato una dichiarazione indirizzata alla “Book Community”, scusandosi per “la rappresentazione problematica e le insensibilità storiche” nel suo romanzo. Ha così chiesto all’editore, Sourcebooks, di ritirare il libro, che sarebbe dovuto uscire il 26 marzo.

 

 

 

Il contraccolpo era iniziato il 22 febbraio, con una lunga review pubblicata sul sito di recensioni Goodreads. “Non sono mai stata così disgustata in vita mia”, c’era scritto. Altri avevano tuittato che il libro è negativo perché ha per protagonisti degli americani durante una tragedia che non si è svolta in America. A Jackson veniva contestata l’ambientazione della guerra in Kosovo come sfondo per un romanzo sentimentale o che il libro non fosse stato scritto da un musulmano, visto che i musulmani avevano molto sofferto nella ex Yugoslavia, e che per giunta il cattivo della storia fosse un musulmano albanese. Heidi Heilig, che ha partecipato a molte schermaglie ideologiche online e aveva fornito un giudizio positivo per il libro di Jackson, ha rivisto in fretta la recensione e ha promesso di “lavorare di più”.

 

A gennaio, un’altra autrice esordiente, Amélie Wen Zhao, aveva chiesto al suo editore di non pubblicare il romanzo fantasy “Blood Heir”, a causa delle critiche sulla sua “insensibilità razziale”. Zhao ha chiesto scusa per aver causato tanto dolore. Anche Jackson, adesso sotto tiro, aveva partecipato all’aggressione online contro Zhao e ora si ritrova eliminato da un festival letterario. Anche l’agente di Jackson ha chiesto scusa. E così ha fatto l’editore, Sourcebooks: “L’autore ha chiesto di ritirare la pubblicazione di ‘A Place for Wolves’ e noi siamo d’accordo”.

 

Lo slogan del lancio del romanzo di Jackson recitava: “L’unica regola? Sopravvivere. Come farlo? Spetta a te”. Lo scrittore rinunci alla letteratura e abbracci la ferrea obbedienza ideologica. Ovvero, fra un bianco e un immigrato, un uomo e una donna, un borghese e un proletario, un eterosessuale e un omosessuale, un cristiano e un musulmano, un capitalista e un ecologista, un soldato e un pacifista, il secondo deve averla sempre vinta e il primo vestire sempre i panni dell’oppressore. Successo e plauso saranno assicurati.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.