Una foto tratta dal profilo Facebook di Vanessa Zappalà (via Ansa)

editoriali

L'altra tragedia di Aci Trezza

redazione

Il dramma della morte di Vanessa e il cortocircuito sullo stato di diritto

È legittimo, anzi doveroso, che l’opinione pubblica si interroghi su cosa non abbia funzionato nei meccanismi della giustizia attorno alla drammatica vicenda di Vanessa Zappalà, la ragazza di 26 anni uccisa domenica scorsa a colpi di pistola ad Aci Trezza, nel Catanese, dall’ex fidanzato poi suicidatosi.

L’uomo, Antonino Sciuto, non si era rassegnato alla fine della relazione e per mesi aveva perseguitato la donna con minacce di morte, pedinamenti e aggressioni. A giugno Sciuto era stato arrestato in flagranza di reato per stalking e maltrattamenti dopo la denuncia della ragazza. Il pm aveva chiesto nei suoi confronti gli arresti domiciliari, ma il giudice delle indagini preliminari aveva deciso di imporre all’uomo il divieto di avvicinamento alla vittima. Divieto violato domenica scorsa, quando Sciuto ha assassinato Vanessa in strada.

 

La comprensibile rabbia di fronte a una simile tragedia rischia, tuttavia, di far deragliare il dibattito. Piuttosto che concentrare l’attenzione sulle carenze del sistema di monitoraggio degli stalker e sulle possibili tecnologie da impiegare per scongiurare la violazione delle misure cautelari, giornali e social hanno rivolto la propria indignazione nei confronti del giudice, colpevole di non aver accolto la richiesta di arresto di Sciuto. “Se il gip non avesse rimesso l’uomo in libertà, ora Vanessa sarebbe viva”, si sostiene. Una tesi singolare, visto che l’uomo, così come ha violato il divieto di avvicinamento all’improvviso, dopo due mesi e mezzo in cui non era stata denunciata alcuna violazione, “avrebbe potuto evadere dagli arresti domiciliari e commettere lo stesso il delitto”, come ha notato Nunzio Sarpietro, presidente della sezione gip del tribunale di Catania. Insomma, di fronte a “fatti imponderabili” la falla andrebbe rintracciata altrove, magari nella fase di monitoraggio. Anche perché, se così non fosse, l’unica soluzione sarebbe incarcerare preventivamente tutte le persone accusate di stalking (16 mila ogni anno). Uno scenario difficilmente compatibile con lo stato di diritto.

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