Il voto dei grandi elettori

E' finita la "fase Kraken" dei trumpiani

Joe Biden si era preparato alle riunioni dei collegi elettorali che nominano il presidente americano: c'erano anche i piani di backup contro le "intereferenze"

Paola Peduzzi

Nelle elezioni delle tante prime volte – la prima volta che il vincitore prende così tanti voti, la prima volta che il perdente prende così tanti voti, la prima volta di una vicepresidente, la prima volta che il perdente non concede la vittoria e anzi ancora due giorni fa ripeteva in tv: “No, non è ancora finita” – già dall’estate Biden ha selezionato e motivato i grandi elettori di tutti gli stati e in particolare in quelli in bilico o da riconquistare

Il team di Joe Biden si era preparato in anticipo al rituale che sancisce l’elezione effettiva del presidente degli Stati Uniti: il voto dei grandi elettori di ogni stato. Nelle elezioni delle tante prime volte – la prima volta che il vincitore prende così tanti voti, la prima volta che il perdente prende così tanti voti, la prima volta di una vicepresidente, la prima volta che il perdente non concede la vittoria e anzi ancora due giorni fa ripeteva in tv: “No, non è ancora finita” – già dall’estate Biden ha selezionato e motivato i grandi elettori di tutti gli stati e in particolare in quelli in bilico o da riconquistare. Dopo il voto del 3 novembre ha poi fatto sì che ogni grande elettore fosse al corrente dei dettagli logistici e di trasporto e che soprattutto avesse un “backup plan”, un piano contro le eventuali interferenze. A giudicare dalle dirette che hanno dominato i media americani, questa non soltanto è una prima volta – nelle scorse tornate elettorali, nessuno si preoccupava dei grandi elettori che infatti a volte hanno votato diversamente dal voto popolare, visto che nella maggioranza dei casi non c’è vincolo di mandato – ma anche la dimostrazione che Biden aveva capito bene che genere di periodo di transizione gli sarebbe toccato.

 

Forse non si poteva immaginare il “Kraken” –  il tentativo dell’ex avvocato di Trump Sidney Powell di denunciare brogli senza fondamento e ribaltare così il risultato elettorale a favore di Trump – né la tenacia ostile del presidente uscente, e nemmeno il fatto che ancora ieri, nel giorno della formalizzazione dell’elezione del 46esimo presidente degli Stati Uniti, YouTube dovesse rimuovere ads filotrumpiane che accusano Biden di aver rubato le elezioni. Ma la consapevolezza c’era, e ci si è preparati. Anche se ancora circolano sulla rete le liste dei “nemici”, governatori e amministratori che non hanno dato seguito alle teorie complottiste della Casa Bianca; anche se in stati come il Michigan – uno degli stati a massima tensione del paese, dove c’è stato anche un tentativo (sventato) di rapimento della governatrice democratica – ieri il Parlamento locale era chiuso a causa di “minacce credibili di violenza”, i grandi elettori hanno svolto il loro dovere. Con tutte le precauzioni del caso, perché il voto dei grandi elettori deve essere fatto in presenza – soltanto in Nevada, il Nevada dell’angoscia post elettorale, il voto è stato online – e il team Biden ha dovuto prevedere, oltre ai piani per far sì che nessuno mancasse all’appello, ora e luogo esatti, anche quelli per evitare che proprio questa occasione tanto preparata diventi un evento spargivirus. Ma i grandi elettori dei democratici sono restati sempre calmi, anche perché non hanno subìto – o almeno dicono di averle patite poco, pure se un po’ di agitazione c’è – le pressioni dei grandi elettori di Trump nel 2016, quando c’erano proteste e urla: non votate Trump! e alcuni lo fecero per davvero, tradendo così un sistema elettorale già di per sé molto controverso. Ieri invece, nel giorno dell’inaugurazione del ritorno alla normalità, alcuni stati hanno trasformato una parte del processo elettorale di solito formale in un rito, spiegando ogni gesto e ogni luogo, quasi per voler dare l’ultima, visibile prova di come sono andate le cose. L’esito di questa votazione sarà presentato il 6 gennaio al Congresso – quello nuovo, che entrerà in carica il 3 – ma nessuno si aspetta sorprese, un po’ perché non è stato lasciato molto al caso e un po’ perché gli “elettori senza fede”, come vengono chiamati i grandi elettori che non votano secondo mandato sono poco di moda in questo 2020 che vuole celebrare il ritorno del buon senso.


Parliamo di normalità con troppa leggerezza? In parte sì, con Trump non si sa mai, ma i repubblicani al Congresso che ancora non hanno abbandonato il presidente e lo seguono pur senza dare nell’occhio nelle sue ostilità hanno spesso ripetuto: finché non votano i grandi elettori, non è finita. Eccoci.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi