María Begoña Gómez Fernández e Pedro Sanchez durante un incontro col canadese Justin Trudeau (foto LaPresse)

La storia dei Sánchez, la power couple di Spagna

Paola Peduzzi

Ci stavamo abituando alle famiglie disfunzionali, figlie che sembrano madri (Ivanka Trump), sorrisi tirati e sguardi assassini (Melania Trump), mogli troppo anziane per essere vere (Brigitte Macron). Poi è arrivata Begoña Gómez

Rosso il vestito, rosse le labbra, rosse le bandiere del Psoe, il partito guidato dal marito Pedro Sánchez: domenica María Begoña Gómez Fernández era in tinta con la serata, il sorriso enorme della vittoria e del sollievo, è andata come doveva andare, “Haz que pase”, fai che succeda ed è successo. La signora Sánchez non è la first lady della Spagna – first lady è soltanto la regina – ma assieme a Pedro forma “el matrimonio de guapos”, la coppia dei belli e soprattutto degli innamorati, “gli Obama spagnoli” come sono stati soprannominati non soltanto per pigrizia giornalistica ma perché usano il loro amore, le effusioni, i baci e i bagni al mare con la stessa determinazione con cui li utilizzavano (e li utilizzano) gli Obama. Ci stavamo abituando alle famiglie disfunzionali, figlie che sembrano madri (Ivanka Trump), sorrisi tirati e sguardi assassini (Melania Trump), mogli troppo anziane per essere vere (Brigitte Macron), e poi è arrivata Begoña Gómez, con la sicurezza della donna amata che fa sospirare le tante adoratrici di suo marito, “el guapo” che pareva politicamente insipido e che invece ha portato gioia rossa in un’Europa a caccia di rassicurazioni.

   

Begoña è nata a Bilbao – la prima figlia quattordicenne dei Sánchez ha un nome basco, Ainhoa – è cresciuta a León, il capoluogo dell’enorme regione di Castiglia e León (nonché patria dell’ultimo socialista spagnolo di successo, Zapatero), a Madrid ha studiato marketing, ha fatto un master in economia aziendale, ha iniziato a lavorare specializzandosi in fundraising per organizzazioni non governative e ha incontrato suo marito. La storia dei Sánchez è normale: una festa di amici, due chiacchiere, amore a prima vista, molte lettere sognanti scritte da lui – lei le conserva tutte in una scatola di legno – la prima figlia, il matrimonio, la seconda figlia. Begoña si fa vedere soltanto nelle occasioni importanti, non ama mostrarsi troppo e quando si è prestata a interviste di coppia non aveva molto da dire (nemmeno Pedro): ci amiamo molto, ci vediamo troppo poco, ci piacciono i concerti e il mare e gli sport, le figlie studiano (rigorosamente) in scuole pubbliche – la noia delle anime gemelle. Chi conosce Begoña dice che lei tiene molto al proprio fisico (fa molto pilates e quando è in bikini si vede) e alle proprie idee e che Pedro si fida molto del suo giudizio e soprattutto ascolta molto le sue critiche, che paiono essere tante. Quando Sánchez, dopo un risultato elettorale non avvincente nel 2016 (attorno al 20 per cento), si oppose a una grande coalizione con i popolari di Rajoy, pare sia stata la moglie a convincerlo: hai detto “no es no”, lascia fare agli altri il matrimonio di convenienza con la destra, tu mettiti da parte, non ci deve essere la tua faccia su questa alleanza. Sánchez la ascoltò, si fece da parte, aspettò il momento giusto per tornare – le primarie del 2017 – sconfisse la dama dei socialisti, Susana Díaz, e preparò il terreno per quella mozione di sfiducia che lo scorso anno lo ha portato a destituire l’allora premier Rajoy e a prendere il suo posto. Il premier bello e femminista – come Justin Trudeau, il canadese cui viene sempre paragonato assecondando quel bizzarro pregiudizio per cui se sei bello hai più rispetto per le donne – vive la sua breve luna di miele con la Spagna e, alle prime avvisaglie di disamore, va al voto anticipato. Anche in questo caso – ma sono pettegolezzi – è Begoña a dirgli di non restare a vivacchiare alla Moncloa, c’è bisogno di un mandato forte, il paese deve imparare ad amarti come ti amo io.

 

Ed eccoli qui, i Sánchez, la vittoria raggiunta e un governo tutto da fare, non semplice, ma con la forza dei sopravvissuti dalla loro parte, tutto il mondo va a destra e va verso i populisti e invece noi stiamo fermi qui: i guardiani di una sinistra che non si sa che faccia voglia prendere, ma nessuno lo chiede, non ancora. Per ora basta il calore del 30 per cento appena sfiorato, lo slancio per ottenere una conferma alle europee, un’altra verifica di quelle che gli innamorati quasi vanno cercando, perché non c’è niente di più soddisfacente che sbattere in faccia agli arrabbiati e agli imbizzarriti la giacca rossa, le labbra rosse, l’amore eterno, i capelli sciolti.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi