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CONTRO MASTRO CILIEGIA

Sanremo è lo specchio d'Italia e del suo provincialismo

Maurizio Crippa

Arriva John Travolta e l'unica cosa che riescono a fare è il ballo del "qua qua" con un attore che da noi pensiamo sia il nuovo Charlie Chaplin. Ma gli autori non li hanno? Non li pagano?

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È il provincialismo, bellezza. La bella newsletter del Mulino "Strada Maggiore 37" ci ricordava ieri un libro del grande Edmondo Berselli, Storia dell’Italia leggera, in cui con profondità e ironia rifletteva sul rapporto biunivoco tra l’Italia e le sue canzonette festivaliere. È il pop, bellezza. Così diverso però dal provincialismo, che invece è una schifezza. Arriva John Travolta, un pezzo di storia del cinema mondiale. Non è questione se sia “polemica sul nulla”, se “sapeva tutto della gag”, né tantomeno che “siamo una colonia americana” come ha detto la brava comica, ma forse era una battuta.
 

Arriva John Travolta e non sanno né che fargli dire né che fargli fare. Gli fanno fare il ballo del Quaqua. Ma gli autori non li hanno? Non li pagano? Non è questione di niente, è soltanto provincialismo. Sanremo è lo specchio dell’Italia perché è lo specchio del suo provincialismo irredimibile. C’è un video in rete, è il set della scena del ballo di Uma Thurman e Travolta in Pulp Fiction, c’è Tarantino che balla anche lui, dietro la cinepresa. Tre enormi talenti, uno spettacolo. Arriva John Travolta, e l’unica cosa che gli viene in mente è farlo ballare con uno che da noi pensiamo sia il nuovo Charlie Chaplin.

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