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contro mastro ciliegia

Fausto e Iaio, Ramelli, i simboli

Maurizio Crippa

A Milano riapre l'inchiesta sull'omicidio dei due militanti del Leoncavallo, 1978. La Cassazione ha invece chiesto di rifare il processo ai militanti di destra che fecero il saluto romano alla commemorazione dell'attivista di destra ucciso nel 1978. Due memorie, due necessità simboliche. Niente più eversioni e Anni di piombo

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Fausto Tinelli e Lorenzo “Iaio” Iannucci erano militanti del Leoncavallo di Milano. Forse furono i fascisti dei Nar, forse la malavita della droga su cui stavano raccogliendo un dossier di denuncia. Gli spararono il 18 marzo 1978, avevano 18 anni. Gli assassini non furono mai individuati. Pochi giorni fa la procura ha deciso di riaprire un fascicolo sugli omicidi, sollecitato dal sindaco Sala e dal Consiglio comunale. Il giudice Guido Salvini spiega che con le tecniche scientifiche di oggi qualche elemento potrebbe trovarsi. In ogni caso è doveroso cercare la verità, anche se il risultato si rivelasse solo simbolico. Tre anni prima, il 13 marzo 1975, il militante di estrema destra Sergio Ramelli fu aggredito vicino a casa, a Lambrate. Morì il 29 aprile, aveva 19 anni. I colpevoli di quel delitto furono condannati. Ogni anno militanti di destra commemorano Ramelli, gridano “presente” col braccio teso. Ci sono sempre polemiche. Ieri la Cassazione ha stabilito che il  processo che aveva condannato alcuni militanti va ripetuto: in base alla legge Scelba il saluto romano non è un reato, se ha intenti solo commemorativi; in base alla legge Mancino lo è solo se configura reati di odio e razziali. Quei ricordi di Ramelli, diremmo, appartengono anch’essi al tentativo simbolico di tenere viva la memoria. 

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