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Contro mastro ciliegia

Pugni, giudici e gambe tese

Maurizio Crippa

Parlare male, pensare mele, fare male. Che cosa è peggio tra il presidente della squadra turca che rifila un cazzotto all'arbitro e un magistrato che dice: "Ci siamo assunti la grande responsabilità di entrare a gamba tesa nella vita privata di questi ragazzi"?

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Chi parla male pensa male e (a volte) fa persino male, recita un adagio divenuto proverbiale. Quale delle tre fasi sia la peggiore, in verità sarebbe il caso di domandarselo. Di certo uno che non pensa proprio bene, e infatti fa parecchio male, è il presidente dell’Ankaragucu, squadra turca, che è entrato in campo e ha sferrato un micidiale pugno in faccia all’arbitro. L’hanno arrestato, bene. Ma che sia proprio un buon pensiero di alta democrazia sospendere a tempo indeterminato l’intero campionato, non sapremmo dire: a volte i giudici fanno peggio dei presidenti pugnaci. Ad esempio al tribunale di Marsala (no Turchia) il procuratore ha deciso di mettere il braccialetto elettronico a due fidanzatini e imporre a lui (molesto) di stare alla larga da lei (minorenne) dopo la denuncia drammatica della madre: “Mia figlia ha una relazione malata… vi scongiuro, aiutatemi”. Bene la decisione, un po’ alla turca forse. Ma qualche dubbio viene scoprendo che il procuratore, Fernando Asaro, parla così: “Ci siamo assunti la grande responsabilità di entrare a gamba tesa nella vita privata di questi ragazzi”. E va bene che era un’intervista, e speriamo che nelle sentenza parli meglio: ma può un magistrato pensare così? “Entrare a gamba tesa”? E perché non dargli direttamente un pugno? Così, alla turca.

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