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Contro mastro ciliegia

L'inutile reato di Covid

Maurizio Crippa

Dopo tre anni la procura di Bergamo ha chiuso la famosa inchiesta sulla gestione della prima ondata della pandemia. Se sono indagati tutti, la “colpa” dov’è?

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Mentre a Milano Bertolaso chiude il Palazzo delle Scintille e spiega che il Covid non è sconfitto, ma scienza e record di vaccinazioni lo hanno messo in ginocchio, la procura di Bergamo dopo tre anni ha chiuso la famosa inchiesta sulla gestione della prima ondata della pandemia. E ancora una volta sorge il dubbio sull’utilità di certe indagini penali, costruite più per dare soddisfazione alla vox populi che per accertare un fatto specifico. A confermare il sospetto, l’indecente ritorno al vecchio circo mediatico-giudiziario, con gli indagati che hanno scoperto di esserlo dalle agenzie. I dubbi per due motivi. Il primo – dispiacerà soprattutto alla sinistra che ha cavalcato il giustizialismo pandemico – è che alla fine sono stati indagati tutti, ma tutti: Giuseppe Conte e Roberto Speranza, Attilio Fontana e Giulio Gallera. E Silvio Brusaferro, Agostino Miozzo, Angelo Borrelli. Il che significa, semplicemente, che nessuno in quei giorni poteva sapere o agire meglio degli altri: la “colpa” dov’è? Il secondo è negli stessi reati contestati: “Epidemia colposa aggravata, omicidio colposo plurimo, rifiuto di atti di ufficio”. Dove è soprattutto il primo a puzzare di logica dell’untore, come direbbe Manzoni, il saggio.

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