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Ma che bel Mondiale

Maurizio Crippa

Per ora in Qatar è tutto fantastico. Tutti corrono, il pubblico non manca e lo spettacolo nemmeno

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Al momento di andare in tipografia – come si diceva ai bei tempi autarchici in cui i radiocronisti dicevano traversone invece di cross e contropiede invece di ripartenza – non sappiamo dire se l’Australia farà il secondo numero con botto del Mondiale e metterà sotto la Francia come i sauditi hanno fatto con l’Albiceleste, gran favorita del torneo. Ma se anche andasse tutto come nei sogni qatarioti di Macron (che poi erano quelli proibiti di Sarkozy, ma stendiamo un velo) la seconda giornata vera di Qatar 2022 è già valsa il prezzo del canone Rai (okay, questa è un po’ forte da mandare giù, soprattutto in assenza di birra). Comunque, sì: ci si sta abbastanza divertendo, e siamo all’inizio. Squadre che corrono più che nella derelitta serie A italiana, ieri Stati Uniti-Galles sembrava una festa dell’atletismo, e alle otto di mattina ora locale al Lusail Stadium di Lusail erano in ottantamila sugli spalti, di cartonati non ne abbiamo visti. Solo che si sono divertiti solo quelli dell’Arabia Saudita (a proposito: il Mancio aveva appena finito di dire che l’Argentina era destinata a vincere: una grattata non ci starebbe male). L’insensato fuorigioco semiautomatico del Var ha annullato al Toro Lautaro un gol che in qualsiasi galassia sarebbe valido, e da lì in poi la premiata ditta Leo Messi è andata spappolandosi come l’esercito russo in riva al Dnepr. E se questo non è grande Mondiale, abbonatevi alle serie di Bellocchio.

 

Che l’Italia faccia presto a consolarsi dei lutti nazionali, tipo la mancata qualificazione in Qatar che fa felice solo qualche cultore a orecchio del wokism geopolitico, come la direttora di Rai Sport Alessandra De Stefano, è di evidenza palmare. Non abbiamo fatto in tempo a perdere un frontman di sicuro talento della politica come Aboubakar Soumahoro, che già ci stiamo consolando con la scoperta dell’urlatore del Golfo Andrea Stramaccioni. L’ex enfant prodige per lo spazio di un mattino sulla panchina dell’Inter, ed ex coach dell’al Gharafa di Doha, è stato uno show nello show (dell’Arabia Saudita). “E’ infinita questa partita!”, ha gridato come manco un Lele Adani brassicolo ancor prima del fischio finale. Soprattutto, non ha smesso un secondo di fare il tifo per i sauditi, con meno ritegno di quel che farebbe Auriemma per il Napoli. Ma tant’è, lo spettacolo è stato bello, e Strama ha dimostrato di essere un gran conoscitore (diremmo l’unico esistente, in Italia) del calcio dei paesi arabi. Chapeau.

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All’Education City Stadium di Al Rayyan è andata in scena una commovente lezione sul valore delle fasce da capitano, ma non quella che si aspettano gli editorialisti da “cartone animato”, come direbbe l’Economist. Al minuto 65 il capitano della Danimarca Simon Kjær – l’eroe che un anno fa salvò la vita a Christian Eriksen in arresto cardiaco al Parken Stadium di Copenaghen – è stato sostituito. Si è avvicinato a Eriksen, che da tempo è tornato a giocare ai massimi livelli in Premier League e in Nazionale (anche se non può più farlo in Italia, celebre paese delle non libertà di rischio) e gli ha legato al braccio la fascia di capitano. Alé. 

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