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Contro Mastro Ciliegia

Il treno e la rabbia

Maurizio Crippa

"Ma di noi non ha mai avuto pietà nessuno, dallo stesso momento in cui ci hanno sbattuto nei peggiori quartieri”. Fa dire a un "Hassan" Repubblica in un articolo sui fatti di Peschiera del Garda. La denunica del ghetto, la necessità "di entrare nella loro testa". Ma i reati sono reati

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Un po’ come quando si dice che la scuola va male per colpa delle presidi che censurano l’abbigliamento da rave party; un po’ come quando si dice che i giovani non trovano lavoro perché non c’è il salario minimo, ma non vanno bene nemmeno i contratti di categoria. Un po’ come tutte le volte che un fatto reale, o un problema vero, diventa una scusa. “Quello che è successo è vergognoso, quelle molestie sono terribili, ma possibile che i riflettori si accendono quando scoppia il caos? Si svegliano solo adesso scoprendo la rabbia e la violenza che molti ragazzi stanno sfogando? Ma di noi non ha mai avuto pietà nessuno, dallo stesso momento in cui ci hanno sbattuto nei peggiori quartieri”. Questo ha fatto dire, a un “Hassan (nome di fantasia)”, Karima Moual su Repubblica in un articolo di voci e sfoghi a proposito delle violenze razziali-sessuali avvenute sul treno che rientrava da un rave party sul Garda, intitolato “L’Africa a Peschiera”. E giusto l’articolo, ovviamente, e giusti gli sfoghi, ovviamente, di chi si vede confinato in un “ghetto”. Ed è giusto anche il pensoso monito che “basta parlarci, entrare nella loro testa”. Ma i reati sono reati, il resto è una excusatio troppo petita.

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