Ode preventiva a Mourinho
Sia messo nero su bianco prima che inizi la finale di Tirana. Mou, il Filosofo o il Demiurgo, ha già vinto la trasferta più difficile della sua vita. È giunto a Roma, l'ha fatta innamorare e le ha fatto ritrovare la bellezza e l'orgoglio di vincere. Il resto è storia
Si scriveva ieri di un’antica passionaccia per José Mourinho, il Filosofo. O il Demiurgo, fate voi. Siccome non siamo gente da aspettare il fischio finale per sapere chi è stato il migliore, sia messo nero su bianco, prima del fischio iniziale a Tirana, l’elogio a Mourinho per come ha vinto la trasferta più difficile della sua vita: cioè planare su Roma, prenderla in braccio e in un abbraccio, farla innamorare persino quando ha perso e ha perso male. E farle ritrovare la voglia di vincere, sepolta da tempo come manco sotto i Mercati di Traiano.
“Mourinho a Roma ha trasformato la vittoria da una possibilità a una necessità”, ha detto Walter Sabatini, e ho detto tutto. Disse prima di quella famosa finale: “Per noi vincere è un sogno, per loro è un’ossessione”. Vinse. Non si sa come andrà col Feyenoord, nerboruti portuali di Rotterdam. Ma ha detto di questa finale, oginvero un po’ meno di prestigio, che “è già storia, perché siamo arrivati fin qui. Ora finiamo di scrivere la storia”. Solo Mou, il Filosofo, sa dire queste cose, e dirle credendoci anche se forse sa che sono assurde; ma soprattutto è (già) stato capace di far credere a tutta una città, al popolo giallorosso, che sono la verità. Ecco, comunque sia andata, lui è il Demiurgo Empatico che ha rifatto bella Roma, più di pria.
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