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Meglio isolati che "annessi" al virus

Maurizio Crippa

Lo stano caso della Corea del Nord, dove dopo due anni di paese sigillato per non fare entrare il virus hanno trovato il primo malato. E così mentre il resto del mondo si vaccina e spera che l'incubo si passato, Kim Jong-Un ha deciso il lockdown totale

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Le cose nella storia accadono sempre due vuole: la prima in tragedia, la seconda in Corea del Nord. Tutto il mondo sta scommettendo sulla fine della pandemia – è un po’ come scommettere che non ci sarà la guerra atomica o che l’Inter vinca il campionato: bisogna essere svitati – e invece a Pyongyang che fanno? Il caro leader Kim Jong-Un, che per due anni ha blindato i confini per non far passare nemmeno una droplet di virus e si vantava di non avere avuto nemmeno un malato, unico al mondo (ma nessuno ci credeva, un po’ come coi missili) ha annunciato che è stato individuato il primo paziente infetto. Così ha deciso di passare alle misure drastiche, roba che la Cina al confronto è Disneyland: lockdown generale totale, ma del resto per i nordcoreani è normale come per i romani avvistare i cinghiali. E non sarebbe il caro Kim se non avesse proclamato: “Supereremo sicuramente le difficoltà e vinceremo il progetto di quarantena di emergenza”. Quando usciranno di casa, tra qualche anno,  scopriranno  che c’erano già i vaccini. Ma che volete, la Corea del Nord non è la Finlandia: loro stanno belli chiusi e blindati, mica vogliono correre il rischio di farsi “annettere” dall’Oms, come direbbe quella là, la Donatella Di Cesare.

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