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contro mastro ciliegia

Un presidente di grazia

Maurizio Crippa

Al passo d'addio, è come se Mattarella avesse voluto riparare i piccoli mali che la giustizia compie. I reati ormai passati, e quelli per cui nessuno dovrebbe finire in prigione

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Il potere di concedere la grazia è una facoltà del presidente della Repubblica, e si può immaginare che tra tutti i suoi poteri è quello che Sergio Mattarella in questi sette anni è stato più contento di esercitare. Iniziò, il primo anno, con un forte gesto politico: la grazia a due agenti della Cia coinvolti nel sequestro di Abu Omar. In totale, ha concesso la grazia a 33 condannati. Tra gli ultimi sette, ora, solo due nomi di un relativo spicco: Heinrich Sebastian Oberleiter, separatista altoatesino con un ergastolo mai scontato per azioni di terrorismo (senza vittime) negli anni ’60. Michele Strano invece uccise un rapinatore entrato nel suo negozio, e il suo perdono (un anno di pena) ha fatto esultare i fautori della legittima difesa no limits. Ma negli altri casi è come se Mattarella avesse voluto compiere una riparazione minuta, di cesello, ai mali che la giustizia spesso compie: considerando le condizioni di salute, la colpa ormai superata dal reinserimento sociale, l’esiguità dei reati, addirittura uno stato d’ebrezza senza conseguenze e un “rifiuto di indicazioni sulla propria identità personale”. Cose per cui non dovrebbe andare in prigione nessuno. Mattarella, al passo di addio, ha voluto ricordare ancora una volta che una giustizia migliore è possibile, e necessaria. 

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