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Patrizio Bianchi applica alla scuola la logica della protezione dei panda

Maurizio Crippa

Il ministro fa sapere, per ora in via non ufficiale, di essere intenzionato a non ripristinare le prove scritte. Perché?

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Non si tornerà a parlare dello sgangherato appello degli studenti per togliere le prove scritte dall’Esame di stato (aka “maturità”), sulla loro prosa basta e avanza la raffinata critica delle varianti di @mattiaferraresi ieri sul Domani. C’è però un’altra cosa anche più grave, perché giunge da una persona adulta che ricopre la massima responsabilità nella scuola: il ministro Patrizio Bianchi. Che proprio in questi giorni, a ricasco (ci si augura casuale) dell’appello studentesco ha fatto sapere, per ora in via non ufficiale, di essere intenzionato a non ripristinare le prove scritte. Motivo? Ci sono stati due anni di Didattica a distanza (che quindi non valeva nulla?). Peccato che da settembre le scuole siano regolarmente aperte (potranno richiudere, ovvio: ma s’è mai visto un ministro che fa le sue valutazioni su un worst case e non sui dati reali?) e non c’è motivo per non svolgere un esame completo (noi siamo per abolirlo, ma finché esiste) dopo un anno di lezioni regolari. Significherebbe che la scuola del ministro Bianchi è disorganizzata anche peggio di quando c’erano i banchi a rotelle di Azzolina&Arcuri. Ma Bianchi incarna la solita, deleteria, logica della protezione dei panda: poveri ragazzi, c’è stata la Dad, mica possiamo farli soffrire ancora, proteggiamoli basta.

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