contro mastro ciliegia
La morte e l'empathy gap
Lo sconcertante trattamento giornalistico della morte sul lavoro di Luana d'Orazio, Come trasformare una vittima del lavoro in una testimonial acchiappa like, o lacrima, da tenere in pagina due giorni o tre
Secondo giorno delle cronache dedicate a Luana D’Orazio (nome e cognome, così ci mettiamo al riparo anche dai furbetti del dettaglio inutile, quelli “eh ma ha anche un cognome”. Datevi una calmata, sono soltanto titoli), la giovane donna morta sul lavoro in una fabbrica tessile in Toscana. Verso sera è spuntata, sulle homepage, l’altrettanto tragica notizia di un altro morto sul lavoro, Christian Martinelli, 49 anni, sposato e padre di due bambine. Un paio di giorni di resipiscenza non si nega a nessuno. Al netto che se n’è accorto pure Enrico Letta, ma con un giorno di ritardo, la cosa che ancora lascia sconcertati è il trattamento giornalistico della notizia. Riflessioni sulla sicurezza del lavoro? Poche. La prevalenza, invece, di uno storytelling più adatto a un incidente stradale, o a un misfatto da MeToo. Un utente mi ha scritto su Twitter: “E’ anche conseguenza del empathy gap”. Perbacco, sono corso a controllare: davvero per prendere coscienza di un problema grande come una casa abbiamo bisogno di trasformare una vittima del lavoro in una testimonial acchiappa like, o lacrima, da tenere in pagina due giorni o tre?
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