contro mastro ciliegia
Consultarsi a Sanremo
La vera crisi che interessa il paese è il Festival. Tra il potere costituito-destituito di Franceschini che si appella alla pandemia e Amadeus che, manco fosse Renzi, vuole dare uno scossone a costo di far saltare il palco, Ma la soluzione è tornare a parlarsi, come fanno al Quirinale. E sta nelle mani di Lucio Presta, il salesiano
Proseguono le consultazioni, ma siamo ancora al nulla di fatto. Cioè ancora non si capisce se all’Ariston ci sarà il pubblico e dunque il paese avrà il suo Festival con i pieni poteri, o se l’uomo che ha lo stesso amico di Matteo Renzi tirerà la corda fino alla catastrofe dell’unica crisi che davvero interessa gli italiani: quella di Sanremo. Che poi, se solo si usasse lo stesso metodo delle consultazioni al Quirinale: plexiglas come in un film di fantascienza, distanziamento siderale, sanificatori stile Wuhan: sarebbe in regola anche il Teatro Ariston, e crisi risolta. Invece. La crisi si ingarbuglia su personalismi inconciliabili, e davvero Riviera e Colle si fanno identici in un ipnotico gioco di specchi. Da una parte c’è Franceschini, il potere costituito-destituito che si aggrappa all’impossibilità di cambiare le regole del gioco: che volete, c’è la pandemia. Dall’altra c’è Amadeus, che ha bisogno di far saltare le regole affinché il paese da canzonetta si salvi, “Rai e discografici uniti oppure rinviamo al 2022”. Molto renziano, business is business e follow the money (anche se per Renzi sarebbe follow the Saudi). Molto renziano anche nella comunicazione, del resto stanno nella stessa scuderia. Ieri su Instagram Amadeus ha messo un cartello aristotelico: “L’ignorante afferma, il colto dubita, il saggio pensa”. Che non vuol dire assolutamente un tubo, nell’attuale parapiglia, ma dà l’aria di sparare alto.
Ma se si guarda in alto, nell’unica crisi che conta, si incontra l’unico pensiero che davvero decida, insomma il Mattarella di Sanremo. Lucio Presta, che è l’agente manager e deus ex machina del Sanremo di Amadeus, dunque il kingmaker delle decisioni di tutti gli stakeholder festivalieri. Ha iniziato la mattina di ieri con il suo temutissimo comunicato via social: “Governo caduto, ristori non approvati, Recovery in alto mare, mancanza di vaccini, economia a pezzi e vedo ministri importanti, giornalisti importanti, parlare solo di Sanremo e figuranti. Ora capisco perché un grande paese come il nostro è a rotoli. Inadeguati”. Lucio Presta è potente vero, ha una società di eventi importante e una scuderia di star ai massimi livelli, è uno che non si espone se non per le cose serie. Ha una bio su Twitter che dice moltissimo di lui: “Nato a Cosenza il 14 Febbraio 1960. Salesiano”. Salesiano. E viene in mente la famosa battuta: “Due cose nemmeno Dio sa: cosa pensano i gesuiti, e dove trovino i soldi i salesiani”. E questo spiega perché tra lui e Franceschini, tra lui e il governo dei gesuiti, vincerà lui. Perché, meglio di un commissario Ue, Lucio Presta sa che il passaggio per il paese in ginocchio è cruciale, e lo showbitz è cruciale al paese, senza Festival sarebbe un disastro per la Rai, milioni di contratti pubblicitari che vanno in fumo. Da settimane il salesiano twitta a martello soltanto legnate su Sanremo, che si deve fare comme il faut o salta tutto, tutti uniti “Rai, discografia, industria, comune, autorità . Tutto in assoluta protezione e sicurezza ma TUTTI UNITI”. E sberle al governo.
Perché non bisogna tralasciare che Presta è anche amico di Renzi, si candidò sindaco a Cosenza ai tempi del Pd renziano, e gli finanziò a gran soldoni il famoso documentario su Firenze, prima della svolta pro rinascimento arabo. Così, al di là dei personalismi, la questione della crisi trova qui il suo quid serio, il suo Recoveri plan. E la soluzione (Quirinale docet) sarà dettaglistica. Franceschini punta da bulldozer sui teatri chiusi, ma il partito Presta-Renzi (pardon, Amadeus) ha scovato il granello di sabbia che fermerà il bulldozer e farà venire a più miti consigli anche il Cts: l’ultimo dpcm prevede che “le trasmissioni televisive, in diretta o registrate, possono svolgersi in presenza di pubblico (comparse, figuranti e ospiti)”. Quindi la questione aristotelica (che il cartello di Amadeus avesse un senso?) è se l’Ariston sia teatro o studio tv. Qui si giocherà la crisi, anche se nel frattempo lo stakeholder più importante, la Federazione dei discografici, ha accettato un protocollo rigidissimo e ossequioso al Cts: obbligo di tampone molecolare 72 ore prima della partenza per Sanremo, tamponi rapidi quotidiani, pasti in camera, niente sala stampa, sanificazione camerini e auto ad ogni utilizzo. E che volete farvene dei figuranti in sala, allora? Chiaro che la sola via sia una conciliazione, il compromesso, il torniamo a parlarci o almeno a telefonarci. D’altra parte un santone canoro come Peppino di Capri propone di invitare, oltre Ibra, anche Lukaku, per “una bella stretta di mano”, e a quel punto potrebbero invitare direttamente Giuseppi e Matteo. Ma poi solo il gran Veltroni ci salverà: “Non si interrompe un’emozione”.
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