contro mastro ciliegia
Maradona, Cabrini e Platini
Una brutta frase dell'ex azzurro, ultimo arrivato tra i filistei e i moralisti . E la splendida intervista, intelligente e malinconica, di Le Roi su luoghi e destini diversi e diversi modi di vivere il calcio
Ho sempre ammirato Antonio Cabrini come un campione e un uomo solare e solido; e ho sempre detestato Michel Platini, ovviamente per i dolori inferti ai Bauscia ma molto più per la sua carriera post, un che di insincero e opportunista. Come ci si sbaglia, a volte. Cabrini s’è lasciato sfuggire una frase pessima su Maradona, “sarebbe ancora qui con noi se fosse venuto alla Juve perché l’ambiente lo avrebbe salvato”. Poi s’è detto travisato, ma si è accodato, buon ultimo, alla schiera dei filistei, molti i giornalistoni, che hanno sputazzato moralismi sul Pibe e dall’alto di non so cosa hanno provato a dividere il calciatore e l’uomo, come fosse possibile sezionare un pallone.
Invece Platini ha rilasciato a Rep. una intervista splendida e intelligente, cogliendo e spiegando divergenze profonde. “Lui veniva dall’Argentina dove il pallone è antico, ancestrale, viscerale, un modo di vivere del popolo”. “Molto più dei caratteri, contano le origini diverse… Non siamo fatti solo di stile, ma di quello che ci portiamo dentro”. Lei al nord e Maradona al sud, gli chiedono: “Mai avrei vissuto come lui, con cento persone addosso, e a lui la mia vita discreta sarebbe sembrata troppo vuota”. Per Maradona Torino “era fredda, per me abituato alla glacialità francese fin troppo calda”. Strade “che non si incontravano”. Eppure “le immagini di Diego sono negli occhi di ogni gioventù”. Con la consueta ironia e nonchalance, e un velo di malinconia. Chapeau, monsieur Le Roi.
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