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Contro Mastro Ciliegia

Censure Rai

Maurizio Crippa

Il caso Leosini e il caso Morra. Due decisioni, casuali quanto arroganti, di una tv senza linea editoriale

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L’impressione che la Rai attraversi una seria deriva di linea editoriale trova conferma in un’arietta di censura, tanto casuale quanto arrogante, non inedita ma che, appunto, riemerge nell’azienda pubblica nei momenti di incertezza. Bloccare la messa in onda di un’intervista a un condannato in via definitiva, realizzata da Franca Leosin, è tre volte illogico. Dal punto di vista aziendale, perché allora il più che ventennale programma di Leosini non avrebbe mai dovuto nascere. Da quello deontologico, perché Leosini è una giornalista Rai e lavora nel rispetto del contratto e delle regole. Ma soprattutto è grave dal punto di vista della libertà informativa, come molti hanno già notato: significa che non avremmo mai dovuto vedere neppure le interviste a Pino Pelosi, ad Angelo Izzo il boia del Circeo, a Cosima Serrano e Sabrina Misseri.

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L’impressione che la Rai attraversi una seria deriva di linea editoriale trova conferma in un’arietta di censura, tanto casuale quanto arrogante, non inedita ma che, appunto, riemerge nell’azienda pubblica nei momenti di incertezza. Bloccare la messa in onda di un’intervista a un condannato in via definitiva, realizzata da Franca Leosin, è tre volte illogico. Dal punto di vista aziendale, perché allora il più che ventennale programma di Leosini non avrebbe mai dovuto nascere. Da quello deontologico, perché Leosini è una giornalista Rai e lavora nel rispetto del contratto e delle regole. Ma soprattutto è grave dal punto di vista della libertà informativa, come molti hanno già notato: significa che non avremmo mai dovuto vedere neppure le interviste a Pino Pelosi, ad Angelo Izzo il boia del Circeo, a Cosima Serrano e Sabrina Misseri.

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E che non avremmo mai avuto “La notte della Repubblica” di Sergio Zavoli, tuttora la migliore inchiesta sugli Anni di piombo mai prodotta in Italia. Per non dire, ma qui si fa un salto di scala etica di cui ci scusiamo, della trasmissione del processo Eichmann. Paragoni anche troppo in ingombranti, per Leosini ma anche per l’alzata di scudi della Vigilanza Rai (via Michele Anzaldi) che ha fatto decidere a Rai Cultura la cancellazione dell’intervista a Luca Varani, condannato come mandante dell’aggressione con l’acido di Lucia Annibali. Va detto che l’intervista è del 2016, e allora fu giustamente bloccata perché si era in attesa della Cassazione. La campagna per lo stop è partita da Pd e Italia viva.

 

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“Davvero inopportuna la scelta di Rai Storia di dare nuovamente voce all’aguzzino di Lucia Annibali e alle sue ‘motivazioni sentimentali’” (tweet di Andrea Romano, Pd). “Sto dalla parte di Lucia Annibali senza se e senza ma. Credo che questa decisione della Rai sia una vergogna” (tweet di Matteo Renzi). Lucia Annibali è oggi deputata di Iv, ma con sicurezza riteniamo che questo non abbia rilievo nella faccenda. La cosa di rilievo è la scelta arbitraria della Rai. Se infatti la censura preventiva non colpisce il terrorismo o Avetrana, ma invece si attiva per un altro (odioso) tipo di reato che però rientra sotto la campana magica della nuova sensibilità per i reati contro le donne (il Circeo e Avetrana invece cos’erano?) siamo di fronte a un atteggiamento censorio a un tempo di tipo contenutistico e concettuale.

 

Fatto sconcertante, persino per una Rai non nuova a incidenti di percorso. La Rai che non aveva ceduto nemmeno di fronte alla bufera per l’intervista di Bruno Vespa al figlio di Totò Riina. A proposito, a strillare più di tutti furono allora i grillini. Gli stessi che ora si lamentano per la cancellazione dell’intervento del presidente della commissione Antimafia, Nicola Morra, a “Titolo V” su RaiTre. In questo caso censura sollecitata dal centrodestra. Con quale autorità i vertici della Rai tolgano la parola, senza passare nemmeno per la Vigilanza, a chi occupa un incarico istituzionale, non si capisce. Se non alla luce di una raffazzonata deriva censoria. De minimis.

 

Michela Murgia ha scritto sulla Stampa, dell’intervista mancata a Varani, che “non ci sarebbe nemmeno materia di discussione”. E che “ad eccezione del tribunale, nella narrazione di nessun altro reato si lascia al criminale la possibilità di esporre il suo punto di vista pubblicamente”. Il che non è vero, come si è visto. E ha giustificato la sua idea da tribunale del popolo con questa incauta affermazione: “La versione del carnefice ha rilevanza solo per il giudice e in questo caso il giudice la aveva già ascoltata”. Di certo ignora che la prerogativa di riservare al solo giudice l’ascolto degli imputati era una caratteristica dell’Inquisizione. Ma Murgia difficilmente sarebbe stata dalla parte delle streghe. Più da quella di Torquemada.

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