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contro mastro ciliegia

La parola più banale dell'anno

Maurizio Crippa

È "lockdown" la parola dell'anno, secondo il vocabolario Collins. Fantasia zero. Appiattirsi solo sulla frequenza delle parole e non sul loro senso ha trasformato i vocabolari nei padroni di una neolongua sciatta e occhiuta. "Ciaone" a loro

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C’è una sola cosa più banale al mondo della scelta della persona dell’anno per la copertina di Time, ed è la scelta della “parola dell’anno” da parte dei vocabolari. Ad esempio il mitico Collins inglese ha stabilito che la parola dell’anno è “lockdown”. Me’ cojoni, risponderemmo se avessimo un dizionario romanesco.

 

Un’idea più originale? Impossibile, perché più che al senso i dizionari up to date si interessano alla frequenza d’uso. Il problema è la digitalizzazione, che permette di sfornare un nuovo vocabolario all’anno: basta usare un database, senza perdere tempo con i significati. Così, nel mitico Devoto-Oli, quest’anno entrano senza filtro “spillover” e “contact tracing”, ma pure “climaticida” (oddio), “denatalista” e “dublinante”. E il fondamentale “aperisushi”.

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Un tempo i dizionari erano temibili libroni, oggi sono i molto più temibili detentori del potere di neolingua e i registratori di cassa della nostra poca fantasia linguistica. Ma, peggio, sono anche i sanzionatori di quel che si può intendere con le parole, oppure no. Ad esempio quest’anno al lemma “famiglia” “abbiamo aggiunto nella definizione ‘di norma’”, e va bene. Ma il bisogno di eliminare l’esemplificativo “prendere moglie”, che non offende nessuno, non si coglie. Poi anticipano che il prossimo anno metteranno il femminile di carpentiere, e se ne sentiva la mancanza. Invece hanno tolto “adustezza”, solo perché la usano in pochi, e “bagnaiolo”, che è pur sempre un abitante di Bagno Vignoni. Però hanno aggiunto “ciaone”. Ciaone a loro.

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