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contro mastro ciliegia

Un mojito per Miozzo

Maurizio Crippa

Se un ragazzo non va a scuola non deve nemmeno uscire di casa? Per costringerlo serve un lockdown, ma il capo del Cts dice che non ci sarà. E che a scuola ci si contagia poco. Contraddirsi un po' di meno?

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Abbiamo qui molta stima per il dottor Agostino Miozzo, medico e coordinatore del Comitato tecnico scientifico; anzi a dirla tutta abbiamo una stima molto superiore per lui come persona e medico che per il tremebondo e inconcludente caravanserraglio che dirige. Poi però anche Miozzo, intervistato dall’Huffpost, cade nelle trappole della contraddizione non-sense, che è una delle prerogative del comitatone e del governo cui dovrebbe suggerire. Dice ad esempio: “Se un ragazzo non va a scuola, poi non dovrebbe nemmeno essere libero di andare al centro commerciale o di incontrarsi al bar con gli amici, che restano aperti fino alle 18. Trovo che questi indirizzi eterogenei non sono corretti, occorre invece un’impostazione omogenea in tutto il paese. Non ha senso”. Ora, a parte che il ragazzo non va a scuola perché l’hanno chiusa, e comunque fa le sue belle lezioni e interrogazioni in Dad, se il problema è impedirgli di uscire lo devono costringere: e si chiama lockdown. Se no è libero di far quel che vuole, fino alle 18. Peccato che subito prima Miozzo avesse detto che “a meno di una diversa decisione del governo, è improbabile che si arrivi a un lockdown generale”. Il che può significare che lui lo vorrebbe, ma non sa imporlo a Giuseppi, oppure che lui al lockdown non crede, e allora lasciasse in pace i ragazzi. Anche perché, secondo Miozzo, la scuola non è il problema principale e non è lì che ci si contagia. E se lo ha detto al governo, significa che non lo ascoltano. Ma se non lo ascoltano, fa prima ad andare a farsi un meno contraddittorio mojito. Al bar.

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