(screen da Calabria, Terra mia)

Contro Mastro Ciliegia

Altro che Papa Francesco, il vero scandalo è Muccino di Calabria

Maurizio Crippa

Otto minuti di pure cine-bergamotto. Lo spottone tanto voluto dall'incolpevole Jole Santelli ha fatto imbufalire i calabresi. "Uno spot degli agrumi", il commento più garbato. Ma Muccino è mucciniano: mica ci poteva mettere Tommaso Campanella

Pensavate che lo scandalo col botto della Festa del Cinema di Roma fosse il documentario in cui Papa Francesco sdogana le unioni gay? Sbagliavate. Di brutto. Il vero scandalo è scoppiato con l’anteprima del cortometraggio-inno alla Calabria di Gabriele Muccino, Calabria terra mia. E peccato per Jole Santelli, che lo aveva fortemente voluto. Ma prendere le decisioni, in politica, è roba che si paga anche dopo. Almeno in Italia, almeno in Calabria. Lo spottone di otto minuti è il cine-bergamotto del viaggio di una coppia innamorata (non gay, Muccino mica è il Papa), tranne che Raoul Bova sembra molto meno calabrisello di Rocio Munoz Morales, che è spagnola. Ma non è questo lo scandalo.  E’ che Muccino ha messo lì “interminabili minuti di luogocomunismo meridiano, una spadellata indigesta di bacini cip e ciop e tramonti da set californiano”, ha detto lo scrittore Mauro Francesco Minervino. E a migliaia di altri calabresi (gente tosta, si sa) non sono andati giù le clementine in piena estate, l’asino, le coppole che paiono uscite da una showroom; manco la soppressata (“ma col finocchietto”) e il troppo mare e la niente Sila.

 

Va detto, il corto non è che sia brutto: è semplicemente mucciniano. Poi fate voi. E si può dire tutto, al famoso regista, tranne che non sappia fare un fotoromanzo. E che non sappia che in un fotoromanzo Mattia Preti, Mimmo Rotella e Nik Spatari, e persino Dulbecco e Tommaso Campanella non ci devono entrare. Ma l’Italia è così, e la Calabria non fa eccezione: se ci toccano le tradizioni votiamo sovranista, ma se ce le mostrano in carta patinata ci incazziamo.

  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"