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Più che distanziato, Sanremo viene meglio in playback

Maurizio Crippa

La vera priorità non sono i sottodirettori della Rai che non potranno entrare all'Ariston, ma la musica, caro Amadeus

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Non abbiamo ancora finito di preoccuparci, a settembre inoltrato, sulla non riapertura delle scuole che l’Italia ha già voltato pagina – con la sua costante incostanza – e trema per la riapertura di Sanremo. A settembre. Amadeus va al festival di Dogliani (quello dove CdB insulta il povero Cav. covidizzato, sic transit gloria mundi) e butta lì un allarme da scuotere le coscienze: “Voglio che venga fatto nella assoluta normalità, non esistono piani B. Piuttosto non lo facciamo. Non posso immaginare il Festival senza pubblico in sala o senza orchestra”. Perché poi, per una kermesse che tutti guardano alle televisione e anzi peggio sui telefonini? Chissà. In tutti questi mesi di ti apro-non ti apro abbiamo sentito concerti di musica bellissimi: vuoi senza pubblico, vuoi con il pubblico in mascherina bello distanziato. Faranno così persino alla Scala. Non pare che cantanti e orchestrali se ne siano avuti a male: conta la musica, e ascoltarla, non quanti sottodirettori della Rai e sottosegretari delle partecipate siano lì assembrati all’Ariston. Un’emozione si interrompe e si distanzia come si vuole, questo è. Tant’è vero che a stretto giro i vertici Rai hanno bacchettato il conduttore (è già iniziato il pre Festival?), Sanremo si farà, “è chiaro che ci adatteremo alle condizioni e agli accadimenti di quel momento, ma Sanremo ci sarà”. A meno che, nel recondito pensiero di Amadeus, il problema sia questo: che i cantanti, se non si emozionano col pubblico, performano di meno. Ma verrebbe da dire: ce n’è tanti che funzionerebbero meglio col caro, vecchio playback.

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