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Le geniali idee di Slavoj Zizek per ripartire comunisti

Maurizio Crippa

Intervistato da Rep. il filosofo dice di vedere “un nuovo comunismo germogliare dal virus” e che persino Trump, che pure era partito da populista, adesso ha capito che servono “forme di stipendio minimo garantito”

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Siamo tutti col culo all’aria, filosoficamente parlando, in attesa che dal cielo ci piova non un contagio ma un’idea su come ci riorganizzeremo, dopo che avremo riaperto: perché è chiaro che dovremo trovare un qualche aggiustamento. Più mercato o meno mercato, più controllo o ancora più controllo (meno ve lo scordate), più solidali e più distanziati. Più morti es mejo che meno morti (Economist) o meno morti e ci riabbracceremo in Egitto (Giuseppi). Poi, come una luce dell’est, ci illumina Slavoj Zizek. Che fu marxista lacaniano, ma forse anche liberale francofortese. Ora è malato, ha la tosse e “tutti i sintomi del Covid-19”, e gli facciamo l’imbocca al lupo. Poi però leggiamo la sua intervista su Rep. e ci si trizza il culo, sebbene all’aria. Perché il filosofo vede “un nuovo comunismo germogliare dal virus” e che persino Trump, che pure era partito da populista, adesso ha capito che servono “forme di stipendio minimo garantito”. Praticamente da America First a Beppe Provenzano. Ma allo stesso tempo, non crede che ci si debba preoccupare di governi autoritari, che vogliano controllarci tutti: da Lubiana, sogna un comunismo nuovo, dal volto umano. Ha paura, “semmai, che aumenti la sfiducia verso le istituzioni”. Epperò per ricostruirla, la fiducia, ed evitare “nuove forme di paranoia” e le “teorie del complotto in Rete”, si augura di trovare presto “nuovi Assange capaci di smascherare gli abusi”. Che è come dire di voler combattere il virus e affidarsi, invece che a Burioni, a un pollivendolo del mercato umido di Wuhan.

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