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Cari Amici, care Sardine

Maurizio Crippa

In Italia tutti pensano: se vuoi intercettare i giovani, devi andare a cercare i giovani là dove sono, cioè ad Amici. È una forma di autoillusione della nostra politica

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Ci siamo sbombardati per alcuni mesi, tra un pensamento di Piero Ignazi e uno scatarro di Piero Senaldi, un editoriale di Ezio Mauro e persino le sedute spiritiche di Romano Prodi, attorno a un quesito politologico che all’Italia era sembrato, per un po’, cruciale: le Sardine si normalizzeranno? O addirittura: diventeranno un partito? E niente. A noi le Sardine sono state, soprattutto all’inizio e fino alla tranvata di Salvini in Emilia-Romagna, molto simpatiche. Boccata d’aria, allegria invece che odio. Eccetera. Poi è finita così, ieri, mentre tutti dentro di noi pensavano a che fare a Codogno quando hai il coronavirus: è finita che le Sardine si sono normalizzate da sole. Non evolvendo in un partito, ma trasformandosi da amici della democrazia e della bella piazza in ospiti di Amici. Nel senso di Maria De Filippi. E’ stata come una illuminazione. Ecco, erano già questo dall’inizio: carne da cannone per Maria la Sanguinaria. Ma dietro c’è un pensiero, eh, non è che lo sottovalutiamo. In Italia tutti pensano: se vuoi intercettare i giovani, devi andare a cercare i giovani là dove sono, cioè ad Amici. E’ una forma di autoillusione della nostra politica, solo che di solito la magia non funziona. Ci provò Renzi vestito da Fonzie, e sappiamo com’è finita. Ci provò il predicatore Saviano, e non ha smosso un voto né un’anima. Ma la benedizione di Maria De Filippi tutti continuano a pensare che sia indispensabile, se vuoi fare il salto di qualità e diventare l’interlocutore dei giovani. Così stavolta nella sua rete sono finite le Sardine. In bocca al lupo, e magari era il posto loro.

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