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Lotta di classe alla Tate

Maurizio Crippa

I turisti che vanno alla Tate per la terrazza sono wannabe inquilini landmark che vogliono alimentare la propria invidia sociale

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Adesso va di moda dire “le élite Ztl”, nuovo insulto populista in tempi di global pollution per quelli che una volta erano i comunisti col Rolex o la gauche caviar, prima che i francesi diventassero una élite di pipparoli. Si dovrà approntare presto un titolo spregiativo nuovo, tipo “inquilini landmark” o “happy few da grattacielo”. La nuova fase della lotta di classe viene da Londra, ma non è colpa di BoJo. Herzog & de Meuron, studio galattico di archistar, ha costruito per la Tate Modern una torre di dieci piani con tanto di platform per far godere il panorama ai visitatori (verrebbe da dire: non bastavano i quadri? Ma fa troppo Tomaso Montanari). Peccato che lì di fronte Richard Rogers, altra star, avesse fabbricato anni prima (prima gli inquilini!) il suo Neo Bankside, sberluccicante complesso di grattaceli luxury, e gli inquilini hanno scoperto che i turisti della Tate invece di abbeverarsi a Mondrian e Jackson Pollock preferiscono fare i guardoni nei loft di fronte. Toccati nella privacy (uno è finito mille volte su Instagram), hanno fatto causa alla Tate. Però hanno perso: non si può vietare di salire sulla platform in terrazza a spiare le vite degli altri. Le archistar si chiamano fuori dal pasticcio che hanno creato con le loro opere priapesche ed esibizioniste. E fanno bene, perché lo scontro ha fatto un salto di qualità. I turisti che vanno alla Tate per la terrazza sono wannabe inquilini landmark che vogliono alimentare la propria invidia sociale. Vanno low cost fino a Londra, si sciroppano Magritte, non puoi impedirgli di guardare un vip in mutande. O la Brexit non era per il popolo?

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