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Liliana e la mascherina

Maurizio Crippa

"Ragazzi, non vi fate fregare da questi personaggi che cercano solo pubblicità”. Lo ha detto una professoressa di una scuola media di Firenze

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Non fossimo qui tutti con la mascherina, a sbirciare sotto casa e oltre confine i segnali del virus, con i cartelli dei negozi che già scrivono vietato l’ingresso ai cinesi, sarebbe il tipo di notizia che merita migliore rilievo. Non la notizia dell’uomo che morde il cane, ma banale invece, consueta. Quella di una professoressa di scuola media che a Firenze, il giorno della Memoria, avrebbe sbuffato e sbottato in classe (avrebbe) una cosa così: “Liliana Segre non la sopporto. E anche voi, ragazzi, non vi fate fregare da questi personaggi che cercano solo pubblicità”.

 

Piuttosto di riaprire il dibattito se gli insegnanti hanno diritto di dire quello che pensano, o invece se dicono cose indegne in grado di manipolare le coscienze degli alunni allora no, preferisco beccarmi il coronavirus; mi annoia di meno. Però rimane questa sorpresa, ogni volta, anche se ogni volta non dovrebbe essere una sorpresa: com’è possibile che persone senzienti possano pensare, anche solo pensare, parole così? Poi leggi sui social le storie del razzismo sdruciolo e impaurito (e alcune saranno già leggende metropolitane, no?) che oggi fa spostare la gente se sull’autobus sale un asiatico, ed è tutto chiaro. E’ il nostro virus. Ti conosco, mascherina.

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