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Nuova galera Salvini

Maurizio Crippa

Al cuor non si comanda e il leader leghista sui social ha sbracato come ai vecchi tempi sull'arresto dei sei agenti di polizia penitenziaria

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Non so più bene come lo definiamo adesso, che è diventato un europeista convinto, che si è messo la cravatta e forse persino a dieta, leader quasi credibile di un centrodestra non truce. Matteo Salvini. Poi però a cuor non si comanda, la galera è la galera e chi ci sta dentro ci deve stare, non c’è nulla di più bello che fargliela pagare e buttar via la chiave. Sarà l’astinenza da mojito. Ieri sei agenti di polizia penitenziaria in servizio nel carcere Lorusso e Cutugno di Torino sono finiti agli arresti domiciliari, un’inchiesta che va avanti da un po’, con un’accusa pesante: “Plurimi e gravi episodi di violenza”. Articolo 613 bis del Codice penale, tradotto sono accusati di tortura – che parola pazzesca in uno stato di diritto – nei confronti di alcuni detenuti. Noi, che a differenza di Salvini all’innocenza crediamo fino a prova contraria, speriamo che siano innocenti, come vorremmo esserlo tutti, innocenti, delle parole che diciamo e delle azioni che compiamo.

 

Ma per essere un leader e non un capopopolo urlante ci vuole un po’ di prudenza, di attesa, di riconoscimento del diritto di tutti. Persino il diritto che più gli piace, quello di denuncia. Invece Salvini è saltato sui social come ai vecchi tempi, come su uno scooter d’acqua, e ha sbracato, perché al cuor non si comanda. “Non c’è un referto medico o una denuncia, ma la parola di qualche ex detenuto contro quella di sei poliziotti”, ha detto. “Uno stato civile punisce gli errori, ma che la parola di un detenuto valga gli arresti di un poliziotto mi fa girare le palle terribilmente”. Terribilmente. Le palle. Male annodate come la sua nuova cravatta.

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