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Scoperta degli Americans

Maurizio Crippa

E' morto Robert Frank, che ha cambiato la fotografia e ha ritratto l’autocoscienza degli Stati Uniti

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Sfogliare in video le fotografie di Robert Frank, non avendo la possibilità di sfogliare con le mani The Americans, il suo libro-manifesto fotografico accompagnato dall’introduzione del suo amico Jack Kerouac (“Svizzero, discreto, carino… con quella sua piccola macchina… ha estratto una poesia triste dal cuore dell’America e l’ha fissata sulla pellicola entrando a far parte della compagnia dei poeti tragici del mondo”) è una scoperta raccomandabile, più ancora che un’emozione. Bianchi e neri fulminanti e scolpiti, dai quali le persone e le storie sembrano balzare fuori come dall’origine del mondo. Come certi altri pochi artisti, Robert Frank è in fondo autore di una sola opera, infinita, mai conclusa. Fotografare la vita, l’America come deposito grezzo, arrembante e dolente, o in certi scatti di illuminata felicità, di tutto il mondo. Era nato in Svizzera, figlio di una famiglia ebrea tedesca sfuggita alla Shoah, era giunto negli Stati Uniti a 23 anni e lo considerava, più che un approdo, una nuova fuga da un mondo stretto, o di visioni ristrette. Gli venne in mente di vedere il Grande Paese con l’occhio nuovo, vergine, di uno appena arrivato. Chiese alla Fondazione Guggenheim di finanziare quello che sapeva essere il progetto di una vita. Tra il 1955 e il 1956 attraversò 48 stati americani, con la moglie e i due figli appresso, a bordo di una Ford. Dai 20 mila scatti selezionerà le 83 fotografie che hanno cambiato la storia della fotografia e, anche, l’autocoscienza dell’America. Il dubbio che resta alla fine del viaggio è semplice: è davvero cambiata molto, da allora, l’America? Era nato a Zurigo 94 anni fa, è morto a Inverness lunedì, ne ha dato notizia ieri il New York Times.

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