Matteo Salvini (Foto LaPresse)

I naufraghi e la vera colpa

Maurizio Crippa

La responsabilità per gli annegamenti è tutta di Salvini, che ha abbandonato la Libia e non ha voluto modificare il Trattato di Dublino 

Potrebbero essere 150 i morti nel naufragio di due barconi davanti alle coste della Libia. Secondo i portavoce dell’Unhcr, se le cifre fossero confermate, con gli altrettanti naufraghi tratti in salvo sarebbe il peggior naufragio dall’inizio dell’anno nel Mediterraneo centrale. Il condizionale è neppure d’obbligo, e non c’è l’obbligo di dare la colpa, per dovere d’ufficio, a Matteo Salvini. Ma, già che ci si trova, anche sì: la colpa ce l’ha e tutta. Tutto sta, un attimo dopo che la nuvola nera di schifo è passata davanti agli occhi al pensiero di questo gramo sventolatore di rosari, nel provare a dire, ancora e ancora una volta, di quale colpa si tratti. La colpa non nasce dall’etica, ma dai fatti.

 

La Libia, la gestione della crisi e del rapporto, fosse anche di necessaria intelligence, è stata abbandonata a se stessa dall’attuale governo italiano; il lavoro delle ong è stato infangato e ostacolato oltre i limiti della stupidità e ad onta del pragmatismo, e le navi di pronto soccorso non navigano più; i porti sono stati (ipoteticamente) chiusi, il mare è caldo ed è una tavola, pensare che le partenze dei disperati si fermino, sotto il sole, e non prepararsi, è azzardo; all’Europa che ha appena approvato un’ipotesi di gestione, migliore dell’attuale, il ministro dell’Interno e leader di coalizione ha risposto un picche imbarazzante (pure per la nostra diplomazia) arrivando pure a schifare il diritto del mare e la logica geografica. Di rivedere il Trattato di Dublino, la cosa da fare, Salvini non s’è mai preso carico. Lui, il suo governo e i suoi opinion maker, chiamiamoli così, stanno trincerati nel comodo di una propaganda miope, che paga forse in termini di consenso spiccio, ma non è in grado di rispondere ai fatti e alla loro portata enorme, storica. Quella messa in scena per opportunismo e mancanza di visione da questo governo non è la politica di un grande paese, quella necessaria di fronte a un fenomeno grande, che non si arginerà né risolverà con quattro cazzate sui porti chiusi. Bisogna capirlo invece. È questa, tutta politica, la vera colpa.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"