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Fattispecie Neymar

Maurizio Crippa

A proposito del caso che coinvolge il calciatore brasiliano che è stato accusato di stupro da una donna

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C’è questa cosa, che ormai è mentalità accettata e moneta corrente nei rapporti tra donne e uomini, che si chiama safe space, e parola di sicurezza, e contrattazione preliminare. E ogni rapporto di natura sessuale, per quanto libero e consenziente, libero consenziente fino a un secondo prima, che vada oltre quel safe che dice no è stupro. È una giurisprudenza dei comportamenti così generalizzata e condivisa che provare a sostenere il contrario, sei almeno Jack lo Squartatore. Poi però c’è Neymar. Che sta a Parigi, non è esattamente uno che andresti a Parigi apposta per andare insieme al Musée Jacquemart-André, e a vederlo non sembra nemmeno così irrimediabilmente sdraiabile. Ma se approccia le ragazze come gioca a pallone, scommetterei un dollaro che è un simulatore anche nello stupro. Poi c’è questa ragazza brasiliana che si agganciano su Instagram, poi si scrivono molto su Whatsapp, ma non parlano esattamente di Apollinaire, poi lei si fa invitare a Parigi, si fa pagare il volo e l’albergo di lusso. Poi torna in Brasile e dice che lui era sbronzo e lo denuncia per stupro. Tale quale il caso CR7. E se ha varcato l’area di rigore che non doveva, e se non ha rispettato il triplice, disperato fischio della ragazza, è giusto che Neymar paghi. Solo che non lo dovrebbero condannare per la fattispecie di “stupro”, come chiede la ragazza. Forse è giunta l’ora per introdurre una diversa fattispecie di reato: violazione (in)volontaria di un codice intersessuale e condiviso. In cui se sei maschio, sei senz’altro colpevole. Ma non di stupro, e di che cosa bene non sai. La fattispecie Neymar.

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