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La dignità di chiudere Woodstock 50. E il Concertone?

Maurizio Crippa

A Watkins Glen abbandonano l'idea di celebrare l'anniversario dei quattro mitici giorni di musica che nel 1969 cambiarono la storia dello spettacolo. A Roma torna (ancora) il Primo maggio 

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Paragoni non è giusto farli, epoche diverse. Non si può dire “ho appeso la Stratocaster al chiodo” con la stessa disinvoltura con cui oggi si dice “buttare via la chiave”. Oppure, per dire: sui prati di Bethel scopavano scorrettissimi e felici come ricci nel fango, qui adesso se appena ti azzardi ai giardini di via Merulana ti danno la castrazione chimica. Paragoni no, non si può. Però. Laggiù nello stato di New York stavano mettendo in piedi anche loro un concertone celebrativo: Woodstock 50. Giusto per festeggiare quei quattro mitici giorni di musica, peace & love (e anche una discreta dose di drugs) che nel 1969 cambiò, se non la storia del mondo, almeno quella dello spettacolo. Era in programma dal 16 al 18 agosto a Watkins Glen e accanto ai divi di oggi tipo Jay-Z minacciava di poter evocare anche dinosauri come Santana e David Crosby. Niente, si sono accorti che è una cacata, un bagno di soldi, e fanculo anche al business della nostalgia. Andrà (pare) tutto a monte. E paragoni no, non se ne può fare. Ma l’America insegna sempre, almeno quando si parla di musica, e anche di peace & love. Così, la domandina semplice è: perché invece il Concertone del Primo maggio, che la trimurti sindacale organizza ininterrottamente dal 1990 (non 50, ma quasi 30 sì) non lo piantano lì? Così, con la stessa dignità con cui a Woodstock hanno saputo dire: il rock è morto, e magari potevano portare anche la mummia di Jimi Hendrix, che sta in ogni caso meglio di quella di Lenin. E invece qui, gli tocca mettere sul palco Ambra Angiolini e Lodo Guenzi dello Stato Sociale?

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