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Era un clochard

Maurizio Crippa

Un giudice ha stabilito che un 17enne accusato di aver ucciso, dandogli fuoco, un senzatetto non sarà processato. E viene il dubbio che a volte anche la magistratura faccia apposta a inoculare il virus della voglia di vendetta, non più di giustizia

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Mentre Federica Sciarelli s’indigna in diretta contro una sentenza d’Appello che applicando la legge – fino a controprova di Cassazione – ha derubricato un omicidio da volontario a colposo; mentre le Iene smontano il processo di Erba senza uno straccio di prova che regga la revisione, ma scatenando la canaglia urlante contro le vittime trasformate colpevoli (quanti danni ha fatto l’infotainment all’Italia, inoculando per anni il virus del populismo giudiziario?), succede anche questo. Il giudice del Tribunale dei minori di Mestre ha stabilito che un 17enne accusato di aver ucciso, dandogli fuoco, un clochard non sarà processato, almeno per i prossimi tre anni, che trascorrerà come “messa in prova” in una comunità. Anzi, se nei tre anni dimostrerà un comportamento corretto il reato verrà dichiarato estinto. La volontarietà del fatto, aggravato dalla incoscienza dei motivi, è confermata dal ragazzino che ha agito con lui: “Il nostro sogno? Era quello di uccidere un uomo. Incendiammo l’auto per noia, per fare uno scherzo”. L’amichetto ha 13 anni, dunque non è imputabile. Ma questo figlio disgraziato (nel senso letterale: una disgrazia l’ha colpito) sarà maggiorenne tra un anno: perché il processo sospeso per tre? Forse perché è “roba minima, s’intend, roba de barbun”? Una nipote del morto ha commentato: “La vita di mio zio vale meno di zero”. E viene il dubbio che, oltre alle iene dattilografe e televisive, a volte anche la magistratura faccia apposta a inoculare, con noncuranza, il virus della voglia di vendetta, non più di giustizia. Ma tanto, era un clochard.

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